Manca ancora il ministro con delega allo sport, mentre vengono rinviati i decreti attuativi della Riforma dello sport appena approvata. Le federazioni contro tre delle cinque norme che regolano lo sport e la politica attacca Malago’.
È questo il quadro che si è delineato in questi ultimi giorni per lo sport italiano. Un vero e proprio caos nei confronti del quale non si capisce ancora la posizione del Presidente del Consiglio Draghi. Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato cinque decreti della Riforma dello sport voluta fortemente dall’ex ministro Spadafora, che sembra ancora in testa per un eventuale continuazione del suo mandato. Decreti approvati di urgenza in quanto sarebbero scaduti domenica 28 febbraio. Tra gli argomenti trattati ci sono le tutele per i lavoratori sportivi, l’incentivazione del professionismo femminile, l’abolizione del vincolo, l’apertura per i paralimpici nei gruppi militari, la sicurezza sulle piste da sci, i nuovi regolamenti per l’impiantistica sportiva. Ma è il decreto relativo alle tutele per i lavoratori dello sport quello che suscita più polemiche, scopriamo perché. Il decreto obbliga le società sportive ad assumere regolarmente i lavoratori sportivi, con relativi contributi a carico della società. Questo andrebbe a gravare ulteriormente il peso economico a carico delle società sportive, già in grave crisi a causa della pandemia. I presidenti di Figc, Basket e pallavolo hanno scritto a Draghi, chiedendo di rinviare tutto. A loro dire bisogna trovare il modo di tutelare i lavoratori ma anche le società sportive ed i gestori degli impianti. Super contestata anche la norma che abolisce il vincolo sportivo.
Altro nodo il Decreto Coni.Il decreto è in Commissione al Senato e sembrava filare via liscio. Fino a due giorni fa quando alcuni senatori pentastellati (De Lucia, Montevecchi, Russo e Vanin) hanno presentato un pacchetto di emendamenti che di nuovo (ci avevano già provato nell’ambito di un precedente provvedimento senza riuscirci) blocca la strada a Malagò. “Il presidente e gli altri componenti della Giunta nazionale del Coni restano in carica quattro anni e non possono svolgere più di tre mandati, di cui soltanto due consecutivi. I componenti che assumono le funzioni nel corso del quadriennio restano in carica fino alla scadenza degli organi, svolgendo, comunque, un mandato pieno”. A scanso di equivoci si precisa che “la disposizione riguarda il presidente e gli altri componenti della Giunta nazionale che hanno ricoperto tali cariche anche nel periodo immediatamente antecedente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge”. Un divieto valido retroattivamente. Tale da impedire di fatto una nuova candidatura di Malagò visto che il mandato in scadenza quest’anno è il secondo consecutivo.