A cinquantasette anni torna a riassapporare il sapore di una competizioni agonistica.
Un’impresa nata quasi come un gioco quella di Antonio Coglitore, presidente della Waterpolo Palermo. Un’idea, quella del dirigente FIN, che si è però trasformata immediatamente in un progetto serio, caratterizzato dal supporto costante dello studio Mantia e dei suo professionisti.
Un percorso durato oltre quattro mesi, partito dalle visite mediche e passato attraverso la riacquisizione del torno e della forza muscolare.
“Tutto nasce dal mio ruolo – commenta Coglitore -. Ho avuto un sogno: trovare un modo per dare un segnale ai giovani. Riflettendo su quest’approccio, mi sono ritrovato in una chiaccherata con il mio amico Maurizio Mantia. All’inizio mi prese per pazzo, poi dopo 24 ore iniziammo a capire come programmare il rientro in vasca”.
“La mia settimana sportiva si è divisa, in questi quattro mesi, in tre pezzi. Il primo, effettuato al centro Mantia, che mi ha aiutato sulla postura, sull’attenzione al modo di muoversi. Il secondo, relativo all’organizzazione di una piccola sala pesi a casa. Poi ho iniziato a lavorare in acqua dopo un mese, seguendo gli allenamenti ordinari. Mi sono agganciato ai miei compagni di squadra, nonostante continuano a darmi del lei perchè sono il presidente. Piano piano ho acquisito la forza reattiva, quella capacità di vivere anche sedute lunghe di allenamento”.
I momenti no ci possono essere costantemente. Io sono una buona forchetta – scherza il presidente -, quindi di fronte a piatti succolenti ci sono state difficoltà. Nei giorni però in cui sono andato oltre, ho avuto la voglia e la forza di recuperare il terreno perduto. Di questa cosa però mi sono molto appassionato e i risultati mi hanno stimolato e confortato.
Il dirigente si concentra sui risultati ottenuti e, a domanda specifica, chiarisce il suo ruolo nello spogliatoio.
“Sono contento del risultato raggiunto e proprio per questo non mi fermo. Sto continuando le sedute dal kinesiologo. Mentre tutto all’inizio era concentrato sul recupero del movimento, abbiamo lavorato anche sul potenziamento. Continuerò fin quando potrò”.
“Sono a disposizione della squadra, ovviamente ci tengo. Ma è chiaro che, essendo presidente della squadra, è giusto che chi fatica e chi lavora, come i miei ragazzi, devono avere la propria visibilità e la propria visibilità di mettersi in gioco. Quindi, anche se mi sento di potere avere un ruolo con un suo perchè, la scena è loro”.
A raccontare la progressione medica è Maurizio Mantia, titolare dell’omonimo studio.
“Io conosco Antonio da quando eravamo ragazzini, quando era portiere di un Calidarium molto forte. In seguito alla sua richiesta, gli ho presentato una scaletta medica, a partire dal cardiologo e dal certificato agonistico. Dopo l’ok, vi erano parecchie problematiche: la prima era capire se l’apparato osteo-articolare era in grado di riprendere una tipologia di allenamenti intensivi. A proposito di ciò, mi sono rivolto alla nostra struttura diagnostica, in particolare al prof. Angelo Iovane e a mio fratello Roberto”.
“C’erano poi altri due step da passare: il primo di questi era riprendere la forma dal punto di vista alimentare. L’ho affidato al nostro alimentarista, Riccardo Pitarresi, che ha fatto un lavoro severo perchè Antonio doveva scendere di diversi chili. Il secondo riguardava la forma fisica. Una cosa complicata nel fisico di un ex-agonista, dovendo riuscire a riprendere tutte le funzioni che un’atleta deve avere. In particolare, Antonio doveva tornare ad essere flessibile. Nel tempo perdiamo flessibilità”.
Relativamente agli allenamenti, l’emergena covid ha limitato le possibilità con palestre chiuse. Un problema non di poco conto. Su questo Antonio è stato geniale, in quanto si è costruito una piccola palestra a casa, che ha risolto il problema di un potenziamento muscolare soft. In questo programma di tre mesi e mezzo, la regola era di non fermarsi.
L’uovo di Colombo è stato quello di confrontarsi costantemente. Questo feedback costante ci ha permesso di non fermarci mai. In certi momenti è capitato di cambiare i programmi, ma non abbiamo mai stoppato la nostra tabella di marcia. Su questo hanno giocato un ruolo chiave le figure fondamentali di questa avventura: l’osteopata, che ha avuto bisogno di alcune sedute per riequilibrare alcune cose, e le chinesiologa, che ha avuto anche una certa empatia che in queste cose aiuta sempre.
Ed è proprio l’osteopata, Luca Miano, ha commentare l’esperienza vissuta con il presidente della Waterpolo.
“Se devo essere sincero, per l’età e il vissuto che Antonio ha alle spalle, è stata la prima volta. Ho avuto sempre pazienti sportivi, giovani, che portavano avanti la loro attività. La cosa che mi ha aiutato molto è il fatto che le masse muscolari hanno una loro memoria (memoria cinestetica n.d.r.). Questo ha permesso di fare poche sedute e di ottenere ottimi risultati. Questo perchè, nonostante la rigidità che lui avesse, azionando una parte del sistema nervoso centrale che del sistema nervoso, abbiamo potuto recuperare quella funzionalità atrofizzata. Ciò ha permesso di riprende sia l’elasticità lombare che delle vertebre superiori ed inferiori”.
“Nel momento in cui lavoro con un soggetto ex sportivo, devo semplicemente resettare il tutto e riprogrammarlo in base al vissuto del soggetto. Con Antonio ci sono volute tre sedute. Esse non venivano mai programmate, tutto era subordinato alla risposta del suo organismo”.
Sotto l’aspetto posturale invece, a curare il progetto ci ha pensato la kinesiologa Rita Pellerito.
“In un soggetto come Antonio Coglitore, un ex sportivo, a miei occhi si è presentato un soggetto che, stando dieci anni fermo, ha acquisito delle posture scorrette. Il lavoro è stato quindi impostato sulla postura, sulla presa di coscienza del proprio corpo, delle varie posizioni nello spazio. Inizialmente ci siamo concentrati sulla propriocezione. Prima di concentrarsi sul tono, il corpo deve ricordare quali devono essere i muscoli che deve iniziare a riattivare, prima dal punto di vista statico che dinamico”.