Diventato oramai anche un “accessorio” da mostrare, il casco rientra tra i sistemi di protezione dai quali nessun ciclista, esperto o principiante, deve fare a meno. Quello dei caschi è un segmento in continua evoluzione, in quanto deve garantire protezione, leggerezza e, perché no, anche un’estetica accattivante. Il laboratorio Mips, ramo della facoltà di Ingegneria dell’università di Stoccolma, ha studiato una serie di sistemi safety messi a disposizione alle aziende produttrici di caschi. Ma andiamo per ordine partendo dal concetto di protezione.
La protezione è il risultato di una serie di ricerche e innovazioni in fatto di materiali, di design e di analisi, che hanno l’obiettivo di assecondare ed anticipare gli eventi negativi; anche la prevenzione è parte integrante di questo pacchetto. Per lo sviluppo di un casco e di tutti gli elementi che lo compongono, si parte da un presupposto: le conseguenze di un impatto sulla testa sono la somma tra l’accelerazione rotazionale e la durata dell’impatto stesso. Esiste già una naturale protezione del nostro cervello, rappresentato dal fluido cerebrospinale, ma da solo naturalmente non basta. Il cervello è maggiormente sensibile alle forze di rotazione rispetto a quelle lineari. Consideriamo che l’impatto di una caduta in bicicletta può produrre una forza pari a 750kg con una velocità di 6’5 m/s, non esiste un prodotto così spesso che possa contrastare un peso di tale portata, garantendo contemporaneamente quella leggerezza ricercata, spesso in modo maniacale, dai ciclisti. Il concetto Mips, per intenderci la gabbia gialla che spesso vediamo all’interno del casco, mira ad ottenere una distribuzione ottimale delle forze negative proteggendo la testa dell’atleta.
Come funziona? Consideriamo Mips come una sorta di slitta che permette al casco di scivolare sulla testa per 12\15 millimetri, rispetto ai 3/5 di un normale casco che non utilizza questo sistema. Questo margine di lavoro dell’intera struttura ha l’obbiettivo di modificare la natura dell’impatto, attuando una curvatura sulle forze negative smorzando la violenza dell’impatto stesso. Funziona, in pratica, come un ammortizzatore per il cervello, limitando l’allungamento delle fibre cerebrali, che rappresenta la prima causa di danno al cervello. Oggi la maggior parte delle aziende produttrici utilizza il protocollo Mips. I test di laboratorio si basano sui risultati di impatti molteplici e di varia natura con l’obbiettivo di creare le stesse situazioni che verificano nella realtà. Questa combinazione di fattori ha permesso di modificare materiali e processi di produzione, migliorandoli e rendendoli maggiormente efficaci in settori differenti tra loro, come i caschi per il ciclismo, o il motociclismo, piuttosto che il pattinaggio.
La creazione di un casco parte da una serie di file 3D che si riferiscono alle taglie. Si inzia dalla produzione di un campione al quale viene adatta la gabbia Mips di prova. Successivamente si approvano una serie di modifiche sui materiali di costruzione, sul design e sui dettagli. Il design non va infatti sottovalutato, in quanto rappresenta un elemento dal quale non si può prescindere, poiché non è solo un vezzo estetico, ma il miglior vestito da fare indossare alla sicurezza.