Tecnica

Lo Scudo Aerodinamico, ripreso un vecchio progetto a servizio dell’Atletica

Un’arma in più, precisamente uno scudo, al servizio dello sport italiano. È stato presentato oggi nell’ambito del webinar “Scudo Aerodinamico – nuove tecnologie di supporto all’allenamento” organizzato dall’Istituto di Scienza dello Sport del CONI che ha progettato e realizzato il dispositivo.

Lo scudo, una sorta di laboratorio mobile testato inizialmente con gli azzurri della FIDAL, riduce drasticamente la resistenza aerodinamica all’avanzamento e consente agli atleti di correre in scia dietro ad un’autovettura Toyota ibrida C-HR, partner del CONI, a parità di potenza erogata ma a velocità superiori a quelle di gara incidendo sulla sovrastimolazione neuro muscolare (nell’immagine un’elaborazione grafica del prototipo).

“Negli ultimi 3 anni è stato fatto un grosso sforzo e ora ne godiamo i frutti – ha evidenziato Carlo Mornati, Segretario Generale del CONI e Responsabile della Preparazione Olimpica -. Questo scudo è qualcosa di già visto, ma è stato rispolverato secondo i canoni moderni. La nostra intenzione è quella di tornare ad essere dei supporti efficaci ed efficienti per le Federazioni. Lo scorso anno abbiamo lavorato con 22 Federazioni e oggi mi fa estremamente piacere presentare questo progetto con l’atletica. Ringrazio il dt La Torre che è stato sempre sensibile a queste collaborazioni con il CONI. Il mio auspicio è che questo nuovo quadriennio possa partire con uno spirito collaborazione che ci deve contraddistinguere. I nostri competitor stanno lavorando molto dal punto di vista tecnologico, con un’applicazione molto più specifica e settoriale, ed è quello che vogliamo fare anche noi. Mi auguro sia l’inizio di una collaborazione sempre più stretta”.

Lo scudo, una sorta di carrello trainato da un’autovettura, riprende e sviluppa un progetto ideato nel 1987 dal professor Antonio Dal Monte, già Direttore scientifico e Capo del Dipartimento di Fisiologia e Biomeccanica dell’Istituto di Scienza dello Sport e prevede l’adozione nel dispositivo di barre optoelettroniche, telecamere miniaturizzate, sensore per la misura della velocità e indicatore laser.
“Ho avuto la fortuna di aver lavorato con il professor Sandro Donati e il professor Antonio Dal Monte e di aver in parte iniziato ad utilizzare l’antesignano dello scudo odierno – ha ricordato l’ex mezzofondista azzurro e attuale presidente FIDAL Stefano Mei – È ovvio che esso può esaltare le qualità dei velocisti. È sicuramente un passo importate per riavvicinare l’atletica all’Istituto di Scienza dello Sport. Noi in passato lavoravamo sistematicamente all’Istituto per testare delle cose che sembravano un po’ fantascientifiche e ho avuto la fortuna di vivere quel periodo pionieristico. Oggi, grazie al lavoro di chi ha cooperato a questa rivisitazione dello scudo, daremo un ulteriore contributo per agevolare il lavoro dei nostri ragazzi e dei nostri tecnici. L’atletica si presta alla sperimentazione di tutto ciò che arriva dalla tecnologia e dalla metodologia e mi auguro che questa collaborazione rinnovata possa portare un miglioramento di tutto lo sport italiano. Per Parigi 2024 avremo sicuramente un’arma in più, forse già per Tokyo”.

“Come detto, è stato ripreso uno studio iniziato anni fa. Ringrazio il settore tecnico della FIDAL con cui c’è stata molta collaborazione – ha detto Giampiero Pastore, responsabile dell’Istituto -. si tratta ancora di un laboratorio in via di sviluppo, l’inizio di un percorso. Questo progetto, infatti, guarda anche oltre Tokyo. Noi di base lo terremo nel CPO di Formia che è un po’ la casa dell’atletica e sarà a disposizione degli atleti di vertice. Abbiamo in mente di iniziare uno studio scientifico su tutte le attività svolte con lo scudo”.Presente alla presentazione lo stesso professor Dal Monte che si è detto “felicemente sorpreso” dell’iniziativa. “Fa piacere che le cose che furono progettate tempo fa hanno ancora una vita – ha aggiunto -. In bocca al lupo per quello che farete”.

Il dt azzurro, Antonio La Torre ha ricordato anche l’ex direttore dell’Istituto Marcello Faina che, come Dal Monte, era un “grande scienziato che aveva la capacità di mettere le mani sulle cose”. “Oggi è una giornata importante per capire che si tratta di una questione di metodo e non di rincorrere la novità – ha spiegato -. Mi importa della crescita personale dei tecnici e di far capire che l’applicazione quotidiana e il porsi delle domande può portarci lontano. Faccio il dt da due anni e mezzo e per me il rilancio più importante è il confronto aperto tra tutti i tecnici. Sono contento che Sandro Donati possa presentare un’intuizione antica. Dobbiamo iniziare un percorso, perché se animeremo la discussione con la sana curiosità faremo davvero un grande lavoro e tutto questo si riverbererà su tanti settori, non solo le corse veloci. Questa giornata è solo inizio di una collaborazione forte e sistematica con l’Istituto”.

A illustrare lo scudo ed il suo utilizzo sono stati Dario Dalla Vedova e il professor Sandro Donati, sulla base dei dati elaborati da Valerio Carlozzi e Vincenzo De Luca. “L’idea è stata quella di pensare subito a un laboratorio mobile, uno strumento pratico per un uso costante, uno strumento di allenamento – ha sottolineato Dalla Vedova -. Abbiamo già in mente degli sviluppi successivi, per dare sempre di più informazioni potenti all’atleta e al tecnico”. “La ragione principale di questa strumentazione è di cercare di sfruttare i vantaggi che si creano correndo a una velocità maggiore del normale – ha spiegato Donati -. Il sistema, per come l’abbiamo perfezionato rispetto a quello del 1987, consente una maggiore comodità all’atleta che ha maggiore spazio per poterlo utilizzare in diversi modi. Chiudendo il retro dello scudo, inoltre, potrebbe diventare un sistema di allenamento climatizzato. I vantaggi? Nella naturalezza della corsa cambiano i parametri essenziali, come la lunghezza del passo e la frequenza dei passi e si registra un accorciamento dei tempi di contatto. Potrà essere inserito nel proprio modo di concepire l’allenamento”.

E i primi riscontri dei tecnici e atleti che hanno utilizzato lo scudo sono molto positivi. “È stato fatto un lavoro veramente ottimo, io in primis ho corso in modo semplice, andando molto veloce – ha rivelato Marcell Jacobs, campione europeo indoor nei 60 metri, che ha svolto nei giorni scorsi dei test allo Stadio dei Marmi -. Quando uno è al massimo della forma lavorare con lo scudo può dare tantissimi vantaggi, non senti il vento ma avverti un risucchio che ti spinge. Credo che sia un valore aggiunto, veramente utile e può servire molto a livello tecnico che di velocità. Timore del mezzo? Bisogna sincronizzarsi quando la macchina passa, ma quando sei all’interno è molto più facile, ti stimola a cercare di raggiungerla”.

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Redazione