Sbarcati ormai definitivamente i sistemi frenanti a disco anche sull’ipertradizionale mondo delle bici da corsa, continuano i dibattiti tra gli affezionati ai freni a pattino e gli innovatori che esaltano l’efficacia dei nuovi sistemi.
In realtà i sistemi frenanti a disco sono ormai lo standard in tanti contesti: ovviamente le auto e le moto, ma anche la MTB per restare in ambito ciclistico.
C’è però la sensazione diffusa che, tolti gli indubbi vantaggi di un sistema che permette performance di rilievo sia da un punto di vista dinamico (ritardo della frenata, quindi maggior velocità d’ingresso in curva) che della sicurezza (nessun compromesso sulla tipologia di cerchi, maggiore costanza di frenata, perni passanti, ecc.), i freni a disco siano solo all’inizio della loro evoluzione sulla BDC.
A tutti gli appassionati sono note le considerazioni di Chris Froome sull’argomento. E come dimenticare che le principali competizioni del World Tour 2020 sono state vinte con mezzi dal sistema tradizionale a pattino.
Eppure ormai il mercato ha preso la sua direzione ben precisa, svalutando da un lato la componentistica tradizionale, e “costringendo” dall’altro chi acquista una bici nuova a non potere di fatto scegliere: alcuni modelli Top sono ormai infatti proposti solo con sistemi a disco. Motivo per il quale in questa sede non ci schiereremo con l’una o con l’altra soluzione. Il Marketing dei produttori ha già fatto la sua scelta.
Cerchiamo quindi di tradurre per gli amatori o semplici appassionati, alcune delle considerazioni e diffidenze ancora presenti sul tema.
Qui parleremo in particolare della differenza tra dischi fissi, semi-flottanti e flottanti, cercando di anticipare quella che potrebbe essere l’evoluzione del mercato in tal senso.
Uno degli appunti principali mossi da Froome risiede nel continuo rumore da “sfregamento” che proviene dai freni a disco. Sa benissimo chi va in BDC che i rumori di qualsiasi tipo e natura provenienti dal proprio mezzo siano veramente un fastidio che a volte sfocia in preoccupazione: gli scricchiolii del telaio, gli attacchi al pedale, la trasmissione ed i suoi ingranaggi. Chi non ha mai provato la sgradevole sensazione di “imperfezione” durante un’uscita che, col passare delle ore in sella, può diventare tormento?
Tutto ciò sulle MTB è un po’ meno evidente, perché sono altri i rumori a cui i bikers fanno caso. Ma sulle bici da corsa, magari durante una salita e soprattutto quando ci si alza sui pedali, è quasi scontato sentire quel “frrr – frrr” proveniente dai freni a disco, soprattutto dall’anteriore.
Ebbene, questo “difetto” è una conseguenza che ben conoscono ad esempio i motociclisti di vecchia data che provarono i primi impianti frenanti a disco. Oggi sulle bici come allora sulle moto, i dischi sono di tipo “fisso”, ovvero costituiscono un blocco solidale con i punti di fissaggio e di conseguenza con il monoblocco di pinza e pastiglie. Di conseguenza, a causa delle sollecitazioni provenienti dalla forcella e delle diverse temperature a cui vengono sottoposte le superfici delle piste, magari dopo una discesa, la deformazione anche se temporanea dei dischi è una logica e naturale conseguenza.
Nelle moto, come dicevamo, il problema è stato risolto da molto tempo, grazie all’utilizzo di dischi flottanti, ovvero grazie ad una separazione tra la pista frenante ed il proprio attacco o “spider” mediante boccole che consentono per l’appunto un gioco del disco che rimane così sempre in asse all’interno dello spazio della pinza.
Nelle bici, almeno allo stato attuale della tecnica, il problema è leggermente diverso. Se nella MTB sono già diffuse soluzioni di tipo semi-flottante, ovvero dischi e spider accoppiati tramite rivetti oppure con boccole posizionate solo in alcuni punti specifici della pista frenante, nelle bici da corsa il sistema è ancora di tipo fisso, per ragioni che sono da attribuire intanto ad una maggiore solidità di tutto il comparto poiché non è soggetto a giochi che a lungo andare potrebbero costituire un problema di sicurezza.
Dall’altro, lo spessore di eventuali boccole sarebbe troppo importante visti gli spazi ridottissimi in gioco. Inoltre le differenze di temperatura tra la pista esterna e quella interna (rivolta quindi verso la forcella) rimane ancora in abbondanti limiti “fisici” al contrario di ciò che accade sulle moto, dove velocità, pesi e potenze sono senz’altro più importanti.
In realtà, almeno per la MTB, esistono dei sistemi di tipo realmente flottante (vedi Hope), ma a lungo andare questa è una strada che in pochissimi stanno seguendo, perché sono maggiori le complicazioni rispetto ai reali benefici tecnici.
Siamo certi che anche in questo campo la tecnica avrà la sua naturale evoluzione verso sistemi sempre più performanti, precisi e sicuri. Al momento quindi possiamo concentrarci più su una scelta di gusto e di tasca, lasciandoci alle ormai piacevoli chiacchiere da bar su quale sia il sistema con cui abbiamo più confidenza e feeling durante le nostre uscite.
Oppure sul nostro grado di pazienza, nel tollerare questi piccoli fastidi “acustici”, sapendo però che magari potremo contare su un sistema dalle performance sicuramente migliori. Del resto, tra cerchi hookless, cambi elettronici e telai in carbonio super rigidi ma comodi, le discussioni tra gli appassionati non mancheranno mai.