Biciclette introvabili nei negozi, proviamo a trovare una spiegazione

di Redazione

Che il mercato delle bici è in forte espansione già da qualche anno è un dato di fatto confermato da tutti gli indicatori di settore. Che la pratica del ciclismo, a tutti i livelli, ha avuto  una cresciuta esponenziale importante anno dopo anno è sotto gli occhi di tutti (in particolare degli automobilisti meno tolleranti). Ma pensare che l’insieme dei due fattori potesse produrre una richiesta maggiore dell’offerta, rendendo oggi le biciclette introvabili, è per tanti un fatto ingiustificabile. In realtà le cose stanno proprio così. Proviamo a capirne le cause.

Nel 2020 il settore della bicicletta ha segnato un incremento di vendita nel nostro paese del 17 % rispetto all’anno precedente, con oltre 2 milioni di biciclette vendute. Per trovare un precedente simile, ma di proporzioni più contenute, bisogna tornare indietro di un trentennio, quando cominciò a spopolare in Italia la Mountainbike. C’erano difficoltà a reperirle, ma era circoscritta alla tipologia con ruote “tassellate”. Quello a cui stiamo assistendo negli ultimi mesi ha invece dell’incredibile. Non esiste sul mercato, anche dal negoziante più fornito, un modello pronta consegna e nel caso ci trovassimo davanti al “miracolo”, lo stesso dovrebbe contemplare la fortuna di trovarlo della propria misura. I tempi medi di attesa per entrare in possesso della due ruote, dopo averla accuratamente scelta, sono di 3/4 mesi. I motivi principali riguardano la  delocalizzazione della produzione, l’aumento del costo dell’acciaio, il reperimento delle materie prime per la fabbricazione dei componenti, che nel caso delle biciclette di alta gamma o per quelle a pedalata assistita, possono arrivare a raggiungere i 50 pezzi differenti per singolo modello. Alla base di tutto c’è sicuramente la pandemia dell’ultimo anno.

Il tempo in cui l’Italia era la culla mondiale per la produzione delle biciclette è già bello che finito. Nonostante il nostro paese risulta essere il secondo produttore in Europa, in realtà le aziende “produttrici” italiane, tra queste alcune anche molto blasonate che hanno segnato la storia del ciclismo professionistico, si limitano in realtà ad assemblare i pezzi che per lo più arrivano dall’Asia. Per spiegare meglio il concetto di ciò che sta succedendo, John Burke, amministratore delegato di Trek, ha dichiarato: ” È come se ci fosse stato un grande pulsante con scritto sopra “Boom globale delle biciclette” e qualcuno l’avesse premuto senza avvisare».’Ma torniamo al nocciolo nella questione facendo “nomi e cognomi”. L’azienda SRAM ha manifestato problemi nel reperimento  del carbonio, acciaio e l’alluminio. Tale reperibilità è  condizionata anche dall’aumento del costo delle citate materie prime che staziona tra il 27 e 60 % (stime pubblicate dal Sole 24 Ore). Il rallentamento delle spedizioni dovuto ai rigidi controlli, se non addirittura veri e propri blocchi doganali causati dalla pandemia, hanno fatto il resto.

Peter Lazarus, responsabile britannico dell’area di Decathlon per il marketing del settore bici dichiara:  “Decathlon di certo non ha problemi a farsi i suoi telai. La vera questione è la componentistica principale. Freni, cambi, ruote, selle e manubri”Shimano l’azienda giapponese di componentistica più importante al mondo, programma gli ordini con la prospettiva di ottenere i pezzi anche dopo più di un anno.

Il problema non sembra avere una rapida soluzione. Aumentare la produzione rappresenta per le aziende produttrici un rischio che non sembra vogliano accollarsi. Bonnie Tu presidente di  Giant Group, primo produttore al mondo con 4 milioni di bici all’anno, ha dichiarato al New York Times :”Ogni boom finisce, c’è solo da capire se questo finirà velocemente o lentamente”. In sintesi, nessuno vuole ritrovarsi, da un momento all’altro, nel caso il boom dovesse finire, con un’offerta superiore alla domanda. Molte aziende – di varia grandezza e di diverse fasi della filiera produttiva di una bicicletta – stanno considerando un parziale ritorno verso l’Europa, con l’intento di avvicinare tra loro i luoghi di produzione dei tanti pezzi che fanno una bicicletta. Ma l’ipotesi è oggetto di accurata riflessione, in quanto la produzione in Europa, rispetto alla Cina, è molto più onerosa, ed inoltre impiantare fabbriche e relative filiere dall’oggi al domani, non rientra tra le caratteristiche identificative del vecchio continente. Lo stesso Bonnie Tu ha evidenziato ” che non c’è nessun altro posto al mondo in cui si possa andare così in fretta, come si fa in Cina, da zero a cento”.

Per concludere, chi avrà voglia di comprare una bicicletta dovrà pazientare diversi mesi, oppure trovate un’alternativa valida nel mercato dell’usato.