CAMPIONI O EROI – Il gesto che fa la differenza

di Annamaria Mangiacasale

Sono innumerevoli i campioni dello sport che hanno raggiunto traguardi importanti, segnato record. Solo pochi però ci hanno fatto appassionare durante il cammino che porta alla conquista, magnificando un balzo, una volata, un lancio e facendoci innamorare, più della vittoria, della semplicità del gesto, superando il limite oltre il quale da campioni si diventa eroi. 

La storia di come si possa diventare eroi senza essere vincitori ce la racconta Dorando Pietri, che 113 anni fa finì la maratona olimpica di Londra prima di tutti, ma senza vincerla: Pietri, esausto, impiegò circa 10 minuti a percorrere gli ultimi 500 metri e poco prima del traguardo i giudici lo aiutarono a stare in piedi e ad avanzare. Fu quindi squalificato e la medaglia d’oro andò all’atleta degli USA J. Hayes. Ancora oggi, dopo 113 anni, di Hayes nessuno ha memoria, mentre di Pietri e del suo corpo di atleta fallibile, limitato, soggetto alla fatica e alla polvere, si continua a parlare quale simbolo di coloro che pur non vincendo, ci provano fino alla fine. 

Altre volte è il contesto storico a trasformare l’impresa sportiva, rendendola eroica. Così nel 1960, Livio Berruti da “ragazzo normale” si trova a vincere i 200 metri alle Olimpiadi di Roma, nell’Italia del miracolo economico. L’immagine di quel ragazzo con gli occhiali da sole che si butta sul filo di lana davanti a tutti, restituisce l’immagine di un’Italia felice, vincente e fiduciosa nel proprio avvenire. 

Ma c’è forse qualcosa che possa rendere gli uomini più eroi che lo scontrarsi con le divinità? La montagna è sempre stata per l’uomo un luogo carico di significati e chiunque abbia sognato almeno una volta di conquistarne le vette, non può non aver pensato per un attimo a quella che è la competizione scialpinistica per eccellenza, la più impegnativa e spettacolare del mondo: il Trofeo di Mezzalama. La gara si svolge sul Monte Rosa, in buona parte sopra i 3000 metri e la sua prima edizione risale al 1933. Si corre a squadre di tre atleti che devono tagliare il traguardo tutti insieme. Leonardo Follis la vince nel 1999: scende a “raspa”, non disegna curve, ma linee rette, combinando forza, velocità e controllo. Nell’ultimo tratto rallenta per aspettare i compagni. Ci si aspetterebbe di coglierne i segni della fatica per lo sforzo appena compiuto, ma ciò che emerge è solo la bellezza della vittoria che lo incorona insieme ai suoi amici. Due anni dopo le cime che lo hanno visto protagonista, hanno forse voluto immobilizzare per sempre quel momento di bellezza e di gloria, l’asciandoci l’immagine di quell’eroe sempre giovane, di quell’uomo che vinse la montagna. 

Iano Scollo

Ci sono poi gli eroi inconsapevoli, che non si rendono conto della loro straordinarietà, che compiono imprese sportive quasi non volendole, in disparte dai grandi scenari. Così nelle campagne del microcosmo siciliano, a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, Sebastiano Scollo, detto Iano, coltivava la terra dell’azienda agricola del padre e al tempo stesso forgiava quel fisico portentoso, dato dai quasi 2 metri di altezza, da un possente torace e da mani che facevano impressione solo a guardarle. Caricava sacchi di 100 kili dalla mattina alla sera con una mano sulla spalla. I contadini si divertivano a scommettere su di lui, aumentando via via il peso, ma Iano non se ne rendeva conto, tanto gli veniva naturale. Chiamato a Palermo per la leva militare, un tenente, nel tentativo di umiliarlo, gli mise in mano la sfera per il lancio del peso. Senza mai averne vista una prima, Iano lanciò quei 7,5 kili, come faceva con i covoni di grano, realizzando un tiro di 15 metri. Al tempo il record siciliano militare era di 9 metri. La mattina dopo vinse i campionati siciliani e per 9 anni consecutivi, dal 57 al 65, Iano Scollo vinse i Campionati Regionali Assoluti di getto del peso, non andando lontano dal record del mondo. Nel suo albo d’oro ci sono anche i Campionati Nazionali e vari successi sparsi per l’Italia. Ha gareggiato fino al 1972, senza mai fare un vero allenamento. Un campione dalla forza innata. Un giorno un operaio della sua impresa rimase intrappolato sotto un trattore di circa 3000 kili. In cinque persone avevano provato a ribaltarlo, senza riuscire a spostarlo di un centimetro. Iano si piega sotto il trattore e lo ribalta. Iano, il campione che quel giorno diventa eroe. 

Queste le voci di chi vive lo sport come conquista di sé, più che di una medaglia; di chi sceglie di essere pienamente, anche nella propria fragilità, nelle paure, che sono solo un altro modo di chiamare i sogni.