Lia Malinov: il palleggio nel destino

di Alessandra Puglisi

Ofelia Malinov, per tutti Lia, è uno dei personaggi più belli e interessanti dell’odierna pallavolo femminile.

Talentuosa palleggiatrice della nostra Nazionale e brillante capitano della Savino del Bene, ha saputo conquistare in breve tempo un posto speciale nel cuore di tutti gli appassionati di volley, non solo per le sue doti tecniche ma anche per il suo modo di presentarsi da ragazza umile e semplice, quasi timida, che in campo sfodera la grinta e la personalità di una giocatrice navigata. Una maturità e una sensibilità, inconsuete per la sua giovane età, che valgono già il naturale accostamento con la grande Eleonora Lo Bianco. Leo e Lia: passato e presente, hanno in comune la classe e la determinazione nell’interpretazione del fondamentale più difficile, e insieme più affascinante, del gioco della pallavolo, il palleggio. Lia rappresenta di sicuro anche il futuro di questo sport e ha tutte le carte in regola per raggiungere “Miss record di presenze” in Nazionale, che, infatti, la considera dichiaratamente sua erede. Un onore e insieme una responsabilità, che la giovane promessa non ha il timore di assumersi, come più volte dichiarato, anzi le rende più stimolante ed emozionante vestire la maglia azzurra e in generale il ruolo di palleggiatrice.

Per definire meglio il profilo di Ofelia Malinov fuori e dentro al campo, si può far riferimento a due aspetti fondamentali della sua vita: il diritto e la famiglia.

Il diritto perché Lia non è solo una palleggiatrice professionista ma è anche studentessa universitaria di giurisprudenza e appassionata di diritto, appunto. Per una coincidenza, che forse non lo è, “diritto” etimologicamente deriva dal tardo latino “directum”, participio passato del verbo “dirigere”, nel senso proprio di dirigere, mettere ordine. In veste di palleggiatrice è giusto quello che Ofelia fa in campo, guidare le proprie compagne nel corso dei set, dirigendo le fasi del match e mettendo ordine nel gioco. La mente da cui parte tutto, le mani da cui passano tutte le azioni, insomma l’anima ordinatrice della squadra. Anche l’etimologia del suo nome sembra alludere al suo destino da palleggiatrice: “Ofelia” deriva infatti dal greco e significa letteralmente “colei che aiuta” ed infatti è lei che assiste le compagne con le sue alzate, e serve loro i palloni che arrivano da difesa e ricezione, mettendole nelle migliori condizioni per esprimere sé stesse.

La famiglia, oltre ad averne determinato la vocazione alla pallavolo, rappresenta uno dei suoi maggiori punti di forza. Lia è figlia d’arte, papà Atanas e mamma Kamelia sono stelle del volley bulgaro e anche italiano. Suo padre da allenatore ha praticamente vinto tutto in Italia e in Europa in panchina a Bergamo e sua madre è un’intramontabile giocatrice di successo e lo è stata anche nella nostra serie A. La piccola Lia non ha mai sentito la pressione di seguirne le orme, essendo stata la sua una scelta libera, mai forzata. La notorietà dei suoi genitori non è stata un peso, anzi loro sono stati di grande aiuto e stimolo, in maniera concreta, dedicandosi completamente alla sua formazione agli inizi. Non solo, ancora oggi il supporto della famiglia si manifesta attraverso tutta una serie di consigli e critiche, che arrivano all’indomani di ogni prestazione della giocatrice venticinquenne, in un sano e costruttivo clima di confronto.

Lia, che fin da piccolissima seguiva in palestra il padre e la madre, comincia a giocare a pallavolo all’età di 9 anni, solo dopo aver provato tennis, nuoto e ginnastica. Improvvisamente scopre la bellezza di questo sport, capendo come in esso sia “fondamentale fare affidamento sulle compagne “, in quanto, “non tutto dipende da te così come non tutto dipende dagli altri: è uno scambio reciproco, tanto più prezioso quando si è in difficoltà”. Da qui la folgorazione e la voglia di emulare la grinta e la caparbietà del padre nel suo lavoro e la passione costante e l’incredibile forza di volontà della madre in campo. Atanas lascia addirittura la serie A e mette su una squadretta di ragazzine, dove anche la madre torna a giocare, dopo la nascita delle sorelle gemelle minori di Ofelia, pur di trasmettere a quest’ultima le basi e gli insegnamenti necessari ad arrivare più in alto possibile. Lia mostra un talento che era prevedibile, ma accompagnato da una voglia di imparare e una disponibilità al sacrificio, non scontate, che la portano a bruciare tutte le tappe.

A soli quindici anni inizia la sua carriera fulminante a Bassano, B1 allenata dal papà. Dopo circa tre anni viene ceduta alla squadra federale Club Italia, in A2 e con la stessa debutta in serie A1 già nella stagione 2015/2016. L’anno successivo passa all’Imoco di Conegliano, aggiudicandosi la Supercoppa italiana e la Coppa Italia. Dopo una parentesi a Bergamo, approda nel 2018 alla Savino Del Bene, dove gioca attualmente e riveste anche i gradi da capitano. La formazione toscana è in una striscia positiva di ben otto vittorie consecutive in un campionato di vertice, in cui Malinov sta guidando la squadra nell’ambizioso percorso di crescita, iniziato quattro anni fa. Lia accompagna al percorso di squadra il suo modo di intendere il palleggio come fondamentale in continua evoluzione, in cui non si finisce mai di imparare e di trovare soluzioni nuove, determinate spesso dalle sensazioni del momento e dal feeling che si crea in campo con le compagne.

La sua carriera in azzurro è segnata dalla sorprendente convocazione a soli 18 anni nella Nazionale maggiore (col debutto in World Gran Prix 2014), ma anche da diverse delusioni che ne hanno temprato il carattere: la mancata partecipazione ai Giochi di Rio per scelta tecnica, l’assenza agli Europei 2017 per infortunio e da ultimo l’eliminazione ai quarti alle Olimpiadi di Tokio della scorsa estate. Tutte delusioni compensate da grandi soddisfazioni, tra cui spiccano l’argento nel Campionato Mondiale 2018, dove vince anche il premio MVP tra le palleggiatrici e l’oro ai recenti Europei. Nelle parole del suo discorso al Quirinale, quest’ultima vittoria, all’indomani della disfatta olimpica, è stata soprattutto “il frutto della voglia di reagire, partita dopo partita con la forza e la tenacia, che contraddistinguono il popolo Italiano”, che lei è orgogliosa di rappresentare. Forza e tenacia che Lia per prima ha messo in campo nelle fasi decisive della competizione fino alla splendida finale, dirigendo magistralmente le sue compagne al successo e confermando il palleggio nel suo destino.