La Sicilia No Stop (1.000 km in bici in 3 giorni) è un’impresa? Il sapore di un’impresa va saputo riconoscere prima di tutto in noi stessi. È opinione comune che il valore di un’impresa sia inversamente proporzionale al numero di individui capaci di compierla: meno persone sono in grado di portarle a termine (e prima ancora, di iniziarle), più è alta la percezione dell’impresa. Se attraversassi il Polo Nord a piedi, sarebbe altamente probabile che tutti si congratulerebbero con me per aver compiuto un’impresa eccezionale, grandiosa. Potrei anche diventare leggenda. Eppure il sapore di un’impresa può avere sfumature più soggettive, che i freddi numeri non bastano a definire.
Se a 51 anni compiuti, senza aver mai pedalato in un solo giorno della mia vita per più di 250km consecutivi, in certe condizioni atletiche non proprio ideali…, percorro 1.000 e più km in tre giorni, allora ho fatto la mia personalissima impresa. Che a ben guardare, non appena è compiuta, sei il primo a capire che altri ne hanno affrontate di più importanti, con più km, con più dislivello, con meno tempo a disposizione… ci sarà sempre un gesto sportivo, un evento, un qualcosa che supererà i limiti dell’impresa, per sé e per gli altri.
La Sicilia No Stop può essere per tanti un’impresa, quella che fa esclamare ai tuoi amici “WOW! Complimenti!”; che fa schizzare il tuo ambìto post con l’immagine di Strava del giro completo dell’isola in cima ai like ed ai commenti; che fa dire ai tanti che la bicicletta non la capiscono, che “sei pazzo”.
La Sicilia No Stop è in realtà per chi la vive una prima questione da risolvere con sé stessi: la gestione mentale, “la testa”. Te lo dicono i veterani delle randonnée, quelli che macinano km da una vita su selle più appiattite del proprio fondoschiena. La Sicilia No Stop tra le grandi randonnée non fa eccezione: è soprattutto una questione di testa. Con un pizzico di follia e incoscienza, ma anche con tanta determinazione. Al 300^ km del terzo giorno, col cuore che “non sale” per over-training, con il sedere che urla pietà, con alcuni tendini sparsi qua e la che cominciano a protestare seriamente, la testa potrebbe essere la prima a cedere. Il fisico ad un certo punto può andare per inerzia, la testa no. Ti abbandona, e poco prima di farlo davvero, ti avverte che non appena tornerai a casa (più o meno integro) dovrai posare la bici a tempo indeterminato.
Poi c’è la Sicilia No Stop vera e propria, quella che ti fa scoprire una volta di più che accanto a tanta bellezza c’è una convivenza con lo stato di degrado e di abbandono a cui proprio i siciliani si abituano più facilmente di altri. Ho maledetto ogni buca improvvisa che si è presentata sull’asfalto, al pari di automobilisti e camionisti che ti passano a 2 cm dal gomito. Eppure sono belli i colori, dalla terra al cielo. Il vento è bellissimo, soprattutto di spalle. Il mare è stupendo, soprattutto quello che lambisce i vertici della trinacria. Capo Passero, Messina, le Saline di Marsala, la Scala dei Turchi. Nulla di simile condensato in una strada che però, mentre la percorri, pare non finire mai. La puoi fare solo con te stesso o condividerla con chi ha il tuo passo, perché anche insieme ad altri avrai tanto tempo da passare in solitudine o in armonia con i tuoi pensieri. Perché la randonnée ti regala anche questo. Non competi ma hai un obiettivo, c’è applicazione tecnica ma anche voglia e tempo di scoprire, luoghi e limiti.
Il randonneur non è il tipico cicloturista nord-europeo che siamo abituati a vedere per strada, con borse laterali e andatura da passeggio. Ma non è nemmeno il corridore testa bassa, bici spoglia e rapportone da spingere. Il randonneur gioca a scacchi con tutti i pezzi a disposizione: il mezzo tecnico, la strada, il tempo, i luoghi, il clima, il bagaglio minimal, le luci, la gestione del fisico…
La Sicilia no Stop esalta tutto questo, porta tutto all’estremo. Di bellezza, di fatica, di contrasti, di emozioni. La porti a termine la prima volta e rimane dentro di te per sempre.
Per chi come me è un appassionato ma tardivo ciclista (l’avessi apprezzata da ragazzo…), la Sicilia No Stop può essere sciorinata in alcuni numeri abbastanza comuni e possibilmente utili per chi volesse farci un pensierino per il 2024.
Km percorsi 1.042, dislivello totale 7.777m;
Ore pedalate effettive h 42:43;
Ore di sonno in tre giorni: 10;
Calorie bruciate 20.800;
12 i litri di acqua consumati;
22 panini al latte variamente imbottiti, 500gr di frutta secca, 4 banane, 2 piatti di pasta, 4 fette di carne bianca;
Integrazione sportiva (barrette e gel) solo nelle 5 ore precedenti l’arrivo di ciascuna tappa.
Sull’alimentazione, non finirò mai di ringraziare l’amico Fabrizio Cavaliere di Sport & Nutrition per i preziosi consigli.
Benedetta la crema Assos per fondello, vero salvavita del mio fondoschiena, unitamente ai fondelli dei completini Gi-Esse, resistenti anche oltre le 8 ore.
Altri consigli utili: mangiare sistematicamente ogni ora, sali minerali solo se fa molto caldo, portarsi dietro solo l’indispensabile tra cui: crema solare, creme per fondello e parti intime, calze a compressione.
La mia bici: una Wilier zero.7 con 52/36 e pacco pignoni 11-30. Tutto sommato, con un po’ di gamba, una rapportatura adeguata. Super le gomme, con le fidatissime Continental GP5000 da 25’ e camere d’aria super leggere Pirelli. Mai una foratura o una perdita di pressione; gonfiate a 7 bar alla partenza, mai più toccate fino all’arrivo.
Le borse da bike-packing tutte Zefal per 8 litri complessivi (fondamentale il servizio di bag-drops fornito dall’organizzatore), 2 luci Cateye da 900 lumen complessivi e 2 powerbank da 30.000 mAh totali per l’ormai onnipresente elettronica a bordo: Garmin 530 (con le fondamentali tracce caricate, facile perdersi da qualche parte anche per i siciliani), Garmin Varia, cambio elettronico Shimano Ultegra, misuratori di potenza Assioma… insomma, un arsenale. Ma la randonnée si può fare anche in modo molto più selvaggio e romantico. Dipende tutto dalla propria indole. E dalla propria testa. Perché si, è sempre una questione di testa…