La FINA vara nuove misure per gli atleti transgender
La FINA [Federation Internationale de Natation] ha annunciato domenica che vieterà a tutte le donne transgender che hanno sperimentato un qualsiasi stadio di pubertà maschile di gareggiare negli eventi femminili.
La decisione ha segnato un netto cambiamento nella politica di uno sport importante ed è stata accolta con favore dagli attivisti di lunga data, tra cui l’ex nuotatrice olimpica britannica Sharron Davies.
È stato chiesto ad altri sport di seguire l’esempio del nuoto e di abbandonare le politiche di eleggibilità basate sui limiti di testosterone; tuttavia, i gruppi di difesa LGBT hanno fortemente criticato la mossa della FINA.
Il gruppo Athlete Ally, con sede negli Stati Uniti, ha dichiarato che le restrizioni della FINA sono “discriminatorie, dannose, non scientifiche e non in linea con i principi del CIO [Comitato Olimpico Internazionale] del 2021″.
L’autorità del nuoto ha dichiarato che il regolamento è stato votato con una maggioranza del 71,5% dopo che i membri della commissione FINA hanno ascoltato un gruppo di atleti, un gruppo scientifico e medico e un gruppo legale e per i diritti umani.
La Fina consentirà solo alle nuotatrici che hanno effettuato la transizione prima dei 12 anni, evento abbastanza raro, di competere in eventi femminili. La categoria «aperta» è pensata per atleti con genere diverso rispetto a quello di nascita: «Un primo passo verso la piena inclusione» afferma il presidente Fina, Husain Al-Musallam —. Stiamo provando a tutelare i diritti a competere ma anche l’equità. La creazione di una categoria aperta significherà che tutti avranno l’opportunità di competere a livello d’élite. Non è stato fatto prima, quindi Fina dovrà aprire la strada». La questione era sorta dopo il caso di Lia Thomas, che a marzo era diventata la prima transgender a vincere il campionato universitario Usa nei 500 yards stile libero.