Mondiali al via,occhi puntati sul Qatar ma il cielo non sarà azzurro sopra Doha

di Valentino Sucato

Ci siamo. Mancano poche ore e sarà già Mondiale. Pur amaro, per noi italiani, sarà un evento che ci incollerà al divano sino al 18 dicembre quando le due finaliste si sfideranno per la vittoria finale. Non è certo il Mondiale che noi italiani avremmo voluto vedere. Da campioni continentali, titolo conquistato a Londra pochi mesi fa, dopo tanti anni di attesa (non vincevamo l’Europeo dal 1968), ci ritroviamo per la seconda edizione consecutiva senza il diritto di mettervi piede. Insopportabile!, per una nazione che vive di calcio. Ma così è si pare… Essere stati eliminati dalla Svizzera e dalla Macedonia del Nord è un ulteriore ferro caldo su una ferita che ancora sanguina. E sarà più doloroso quando magari vedremo squadre storicamente inferiori al nostro nobile calcio che legittimamente si presenteranno in campo. Chissà cosa direbbe Mameli se fosse in vita…E se qualcuno si volesse stordire, girando la testa da un altro lato guardando magari la nostra serie A, non può farlo. Perché si ferma anche essa. Costretti a sopportare quella terribile mancanza, quella maledetta nostalgia, magari cercando o illudendosi di scrutare in un angolo del televisore un po’ di azzurro o un tricolore che non troveremo mai. Ne faremmo volentieri a meno ma saremo costretti a ritornare ciclicamente sull’assenza dell’Italia, magari per fare qualche parallelismo storico o semplicemente perche travolti da quel pensiero maledetto di non esserci che forse si acuirà man mano che il torneo andrà avanti. Il mondiale post-Covid ci vedrà ancora febbricitanti, in isolamento a casa mentre altri si sfideranno gara dopo gara per arrivare a quel 18 dicembre quando calerà il sipario sul mondiale dei petrodollari. Anche su questo punto torneremo spesso con analisi e approfondimenti. Abbiamo visto il Cielo di Berlino in una sera di luglio del 2006 colorato di azzurro. E poi ci siamo illusi di rivederlo dello stesso colore in Sudafrica quattro anni dopo, in Brasile nel 2014, in Russia Quattro anni fa. Niente. Al massimo Blue, con sfumature francesi come nell’ultimo mondiale. Nell’ italica penisola da Aosta a Lampedusa manca il clima mondiale. Eccome, se manca! Nel nostro paese, dove è nato Leopardi, manca il sabato del villaggio-mundial, l’attesa spasmodica, l’analisi del girone degli azzurri, con i pronostici con i possibili incroci dopo il primo turno. Per non parlare dell’indotto economico. Giornali, libri, figurine, bandiere, magliette, gadgets, l’immancabile televisione di ultima generazione per vedere con la migliore risoluzione un gol, una parata, un presunto fallo in area. Non ci resta che leccarci le ferite disorientati guardando l’Oriente arabo, quello milionario, della ricchezza sfarzosa, del deserto che si trasforma in città, di cammelli che diventano Ferrari. Quell’Oriente delle mille e una notte dove i diritti umani sono un miraggio nelle dune di dollari, dove la libertà non è un bene primario, dove l’Islam ha baciato lo sterco del diavolo. Tutto questo domani, domenica 20 novembre sarà un lontano ricordo. Gli occhi di almeno cinque miliardi di terrestri guarderanno dentro un rettangolo luminoso per seguire un puntino bianco e la sua scia che finirà dentro una rete. Un intero pianeta anestetizzato da un pezzo di cuoio gonfiato di aria che ha le stesse sembianze della sfera dove noi tutti viviamo. Saranno 29 giorni di lacrime e preghiere, di gioie, di proteste, di rimorsi, di rigori, di fuorigioco. Paradosso umano: è come se una sfera, il pianeta, si fermasse, per lasciare spazio ad una sfera più piccola che rotola con una traiettoria che solo il destino sa dove andrà a terminare la sua scia. Sceglieremo una squadra per cui tifare, volta per volta, quella più simpatica, quella più debole, quella meno arrogante… E poi due mani alzeranno quella coppa in cielo, quella coppa che italiana è, realizzata dalla creatività di Silvio Gazzaniga. Ma non saranno mani italiane. Rassegniamoci, non ci saranno notti magiche. E viene in mente una famosa poesia di Umberto Saba. Saranno 29 giorni di festa, di cui noi italiani non faremo parte.