Dieci anni fa il destino gli voltava le spalle, ma il mito Schumacher vive come allora

di Alessandro Teri

Un campione è per sempre, qualsiasi cosa accada. Finita la carriera sportiva il mito non va in pensione, anche se la vita non gli ha riservato gli onori cui era abituato. Così Michael Schumacher rimane, e rimarrà per sempre, colui che non sapeva far altro che vincere. E la stessa implacabile sete di vittoria è quella che ancora adesso lo impegna nella gara contro un destino baro, quello che da dieci anni esatti, dal 29 dicembre del 2013, lo ha messo di fronte a qualcosa di inimmaginabile. Non era nemmeno pensabile che un pluricampione del mondo di Formula 1, avvezzo alla velocità come nessun altro, potesse essere piegato da un incidente al di fuori da un tracciato d’asfalto. E invece ci ha pensato un sasso su una pista di sci a non farlo essere più lo Schumi che tutti conoscevamo, a causa delle conseguenze di una caduta e di una botta al capo.

Tutela della privacy

“È sempre tra noi, ma non è più quello di una volta”. Solo questo è ciò che trapela sulle condizioni odierne dell’ex pilota Ferrari, ma pure Jordan, Benetton e Mercedes. Lo ripetono in tutte le interviste coloro che gli sono ancora vicini, familiari, colleghi e amici. Il fratello Ralph, il team manager di 5 campionati del mondo, Jean Todt, il pilota con cui ha diviso il box per anni, Luca Badoer, persone guidate dal solo intento di tutelare la privacy sempre sotto attacco di Michael, della moglie e dei figli.

L’amore dei tifosi

Poi ci sono tutti quelli che a titolo, o meno, rivelano retroscena chiissà quanto utili a ricostruire ciò che davvero accaduto sulle nevi francesi di Meribel esattamente dieci anni fa. Per i media qualunque minima rivelazione sulle condizioni di Schumacher oggi diventa puntualmente uno scoop, ma per i veri appassionati l’immagine impressa nella menoria sarà sempre quella di un pilota che solo sul podio, dopo una vittoria, si concedeva quei sorrisi che invece al volante di una monoposto regalava ai propri tifosi.