Decade il divieto all’uso della camera ipobarica, che simula l’allenamento in altura

di Redazione

Cade un tabù tutto italiano, ovvero il divieto all’utilizzo della camera ipobarica per allenarsi. D’ora in poi infatti ricorrere a tale metodo non è più considerato doping, come invece è stato finora soltanto nel nostro Paese, mentre in qualunque altro posto era traquillamente permesso. Non siamo però di fronte ad un liberi tutti, ora che la legislazione italiana si è messa di pari passo con quella degli altri Stati, ma che per un atleta sia possibile allenarsi anche in casa simulando una minore ossigenazione, favorendo così la produzione di globuli rossi in modo da aumentare la resistenza sotto sforzo, è un bel cambio di registro, almeno qui da noi.

In tanti ne fanno uso

È quasi sottinteso che l’utilizzo della camera ipobarica sia particolarmente indicato nel ciclismo, per gli sforzi continuati che comporta affrontare una corsa ciclistica. D’altronde la lista dei corridori che ne fa uso è lunga, tranne tra gli azzurri, che prima d’ora invece hanno dovuto affrontare lunghe trasferte in altura per non finire nelle maglie dell’antidoping nostrano. Ciò secondo la legge 376 del 2000, che però contraddiceva quanto previsto dalla stessa Wada, l’autorità mondiale contro le pratiche sportive illegali.

Controllo medico

Il decreto ministeriale del 23 ottobre 2023, che contiene la lista dei principi attivi e metodi dopanti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 novembre 2023, recita così: “Non è vietato l’utilizzo della camera ipobarica; l’atleta che ricorre a tale pratica deve rimanere sotto stretto controllo del medico sportivo sia prima che dopo l’utilizzo della camera ipobarica”. Dunque via libera con cautela, dato che vale ricordare come l’eccessiva produzione di eritropoietina nel sangue, l’ormone che sovrintende alla produzione di globuli rossi, è comunque dannosa per la salute.