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Totò Schillaci, il racconto di quel Mondiale che lo consegnò alla Storia

Un’infanzia difficile al quartiere CEP di Palermo e il sogno di diventare calciatore, Totò Schillaci è stato capace di unire l’Italia calcistica e di farsi amare con la sua genuinità e per la sua semplicità. “La mia infanzia è stata particolare, vivevo in un quartiere molto povero. Fortunatamente il mio sogno è sempre stato uno solo: diventare un calciatore. Il calcio mi ha allontanato dalle cattive amicizie e oggi posso dire che dietro a tutto questo successo c’è un cammino in salita, pieno di difficoltà, che ho superato con tanto impegno e grande serietà“- così il ragazzo cresciuto nelle giovanili dell’Amat si descriveva su uno speciale Tv a lui dedicato.

Italia 90, il Mondiale di Totò Schillaci

Un sogno realizzato probabilmente tardi rispetto alle sue doti calcistiche. Schillaci arrivò in serie A il 27 agosto 1989 (Juventus-Bologna, 1-1), quasi 25enne, dopo una lunga gavetta iniziata nelle giovanili dell’Amat per poi approdare in Serie C al Messina dove rimase per sette anni: “Ha una voglia di giocare che non ho mai visto a nessuno” – raccontava il leggendario Franco Scoglio. Ma era destinato a scrivere la storia e lo fede con la maglia più importante, quella della Nazionale Italiana di Azeglio Vicini, con la quale esordì qualche giorno prima di Italia ’90 nella gara amichevole contro la Svizzera. Ai mondiali c’è la prima partita: contro l’Austria l’Italia non sfonda e Vialli e Carnevale sbattono contro il muro degli avversari. Vicini toglie Carnevale, entra Schillaci. È il 75′ e dopo tre minuti il ragazzo del Cep va in gol. I suoi occhi spiritati, un misto di gioia e sorpresa, entrano nelle case di tutto il mondo.

Contro la Cecoslovacchia è titolare

La seconda gara è decisa da un gol di Giannini con Totò che parte dalla panchina e sostituisce il solito Carnevale. Contro la Cecoslovacchia è titolare e apre lui le marcature al 10′, finirà 2-0 con l’altra rete di Baggio. L’ Uruguay ci aspetta agli ottavi, gara arcigna, dura, Schillaci segna il primo gol, poi ancora Serena. Si va ai quarti contro l’ Eire, squadra difficile da affrontare, finisce 1-0 con Schillaci in gol. Ormai l’Italia si è innamorata di Totò e in lui confidano i tifosi azzurri, questo mondiale si può vincere.

L’Argentina di Maradona

Tra la Nazionale di Vicini e la finale c’è solo l’Argentina di Maradona da fare fuori. Napoli è la peggiore sede che potesse capitare. I sudamericani non hanno brillato molto e l’Italia ha i favori del pronostico: ottima squadra, buone individualità, gioca in casa, ha vinto tutte le gare e l’entusiasmo è alle stelle. La Nazionale italiana è fortissima ma quella sera sente troppo il peso della Storia. La apre Schillaci al 18′, il novantesimo minuto è troppo lontano. Gli azzurri sono lenti, non chiudo la gara, sembrano aspettare gli argentini per colpirli. Paradossalmente una Argentina poco arrembante non agevola Giannini e compagni a ripartire in contropiede. E così arriva la testata di Caniggia, con un’ uscita di Zenga da dimenticare, e subiamo l’1-1, poi i maledetti rigori. Baresi, Baggio e De Agostini non sbagliano, Serena e Donadoni si. Siamo fuori da un Mondiale che avremmo meritato di vincere eliminati da un’Argentina lontanissima da quella del 1986, e per giunta ai calci di rigore.

La finale per il terzo posto

C’è solo una formalità, quella che non piace a nessuno, la finalina per il terzo posto. L’ Italia ha davanti l’Inghilterra e la supera per 2-1 grazie ad un calcio di rigore, che Baggio lascia calciare a Totò Schillaci, grazie al quale vince la classifica di capocannoniere con sei rete. Arriva anche la Scarpa d’oro. Si chiudeva il sipario di un mondiale che alla fine ci ha riservato grandi emozioni e un dolore finale. Proprio come oggi, con quegli occhi da Re senza corona che chiudono il sipario della vita di Schillaci. Che da oggi è diventata storia

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Published by
Valentino Sucato