Completo da ciclismo: vestirsi tra performance, comfort e stile
di Ivan BellancaCiclismo01 Novembre 2021 - 22:13
Cominciamo innanzitutto col dire che progettare un completo da ciclismo significa pensare alla destinazione d’uso specifica per ciascuna disciplina, dall’endurance all’aero. E allo stesso tempo occorre avere una profonda conoscenza delle caratteristiche tecniche del tessuto. Ad esempio una maglia destinata all’endurance avrà tasche più grandi della media, un tessuto più protettivo ed elastico nella parte frontale, mentre una maglia destinata alle competizioni dovrà privilegiare la traspirabilità ed avere al contrario delle tasche comode e pratiche per la gestione in gara.
In generale, le linee guida scelte dalle aziende che producono capi per il ciclismo (in Italia ve ne sono tra le migliori al mondo) sono la semplicità, la praticità ed il comfort.
Coprirsi ma non troppo
Questi principi partono dalle modalità d’uso ma anche dall’analisi del comportamento dell’atleta e del suo fisico. Un grande errore che si fa spesso nel ciclismo è quello di coprirsi troppo: immaginiamo una fresca domenica mattina, in cui passiamo dal letto alla bici in pochi minuti. Vorremmo quasi portarci dietro un piumone (esagerando, ma non troppo…), ma questo sarebbe un grave errore che può pregiudicare la nostra uscita. Teniamo infatti presente che durante l’attività fisica produciamo calore ed il nostro corpo impiega energia per raffreddarci. Se siamo troppo coperti, avremo una frequenza cardiaca di circa 10 battiti in più con una evidente ricaduta negativa sulle performance. Avvertiremmo insomma dapprima disagio e poi ulteriore fatica.
Quali accorgimenti usare per non inficiare il piacere dell’uscita. Chi progetta capi di qualità dapprima divide idealmente il corpo in 2 parti. Quella superiore è tendenzialmente statica, mentre quella inferiore decisamente dinamica.
La parte superiore del corpo in inverno necessità principalmente di protezione dal vento in discesa e ed una copertura traspirante in salita. Quindi occorre usare maglie aderenti realizzate con tessuti elastici che mantengano il calore ma non lo producano. Sono per questo motivo da evitare i felpati o garzati, mentre bisogna preferire tessuti microfelpati ed evitare sacche d’aria quindi “si” alle maglie aderenti, in cui l’aria interna si scalda e si raffredda velocemente. Quando poi dovremo affrontare le discese, è bene portarsi dietro (usando i comodi tasconi posteriori) una buona giacca o un gilet antivento. Vale quindi il principio che il ciclista accetta di soffrire un pochino il freddo nei primi km alla partenza, ma ne gioverà per tutta l’uscita.
La dinamica della parte inferiore
Se quindi per la parte superiore valgono i principi di comfort legati alla produzione minima di calore e soprattutto alla traspirabilità dei tessuti, per la parte inferiore del corpo il discorso si fa più lungo e complesso. Per quanto riguarda l’aspetto termico, il livello di copertura deve essere minimo poiché ci troviamo nella parte dinamica del nostro corpo dove avviene la produzione di maggiore calore all’altezza dei quadricipiti. Al tempo stesso il freddo diventa il nostro nemico in particolare delle ginocchia. In questi casi il capo più indicato d’inverno è il ¾ o come si dice in gergo, il “pinocchietto”. Alcuni preferiscono ricorrere alle ginocchiere in abbinamento alla classica salopette. A fungere da termoregolatori naturali ci penseranno i polpacci, che è bene (salvo condizioni di freddo estreme) lasciare scoperti. Lungo la gamba troviamo quindi condizioni diverse di gestione della temperatura corporea.
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico dei tessuti e dei materiali usati per i pantaloncini, questo è maggiormente focalizzato sul fondamentale “fondello”. Questo va diviso in due macro categorie “fondelli performance” e “fondelli endurance”. I primi sono in genere realizzati in coolmax ed hanno una performance ottimale per un uso continuativo di 4 ore al massimo. I fondelli di tipo “endurance” sono invece chiaramente votati ad un uso prolungato anche oltre le 6 ore e vengono realizzati in memory o con inserti in gel, anche se su quest’ultimo materiale si può riscontrare qualche disagio iniziale, a causa degli spessori superiori e della consistenza necessaria alla maggiore pressione da sopportare, che può risultare invadente.
Finiture e Accorgimenti
Infine occorre specificare che alcuni livelli di finitura percepiti di alta qualità, quali il cosidetto “taglio vivo” o “no-stress” (ovvero senza cuciture alle estremità) o gli stessi fondelli in memory, possono dare origine a lungo andare ad alcuni inconvenienti, soprattutto in fase di lavaggio. E’ infatti opportuno gestire questa fase con accorgimenti semplici ma fondamentali per non rovinare precocemente i nostri capi preferiti. Temperature di lavaggio mai superiori a 30 gradi e con bassa rotazione della centrifuga. Così come una perfetta asciugatura del pantaloncino, poiché alcuni fondelli tendono a trattenere maggiormente l’acqua mentre i tessuti tecnici generalmente la espellono quasi subito, specie d’estate.
Ringraziamo per il prezioso contributo Maurizio Abella, responsabile commerciale della GIESSE.