Ciclismo,cinquant’anni di Biomeccanica e analisi
di Alessandro MansuetoCiclismo21 Dicembre 2022 - 19:28
Il benessere e la performance del ciclista sulla bici da sempre è argomento d’interesse tra appassionati e addetti ai lavori. L’obbiettivo ricercato è quello di raggiungere un buon profilo aerodinamico e una buona dinamica articolare, favorendo l’equilibrio fisiologico al fine di ottimizzare tutto l’apparato locomotore. Tutto questo si traduce in risparmio energetico, resistenza alla prestazione e rendimento nel tempo con la prerogativa primaria di evitare sovraccarichi e stress che possano sfociare in infortuni.
Questa materia è sempre stata legata al progresso del mezzo meccanico, basta vedere le biciclette degli anni 60 per rendersi conto di quanto era difficoltoso, rispetto alle bici attuali, impugnare i comandi freno per andare sui pedali o ricavare un buon fattore cx (aerodinamico), per non parlare dei vecchi pedali a cinghietta con le suole in cuoio ben lontani dagli attuali pedali a sgancio rapido e delle scarpe in carbonio con tutt’altra rigidità.
Nel passato ci sono stati corridori professionisti ricordati per quanto fossero esigenti del mezzo meccanico e dalla posizione in sella. Coppi viene ricordato per la sua peculiarità e precisione nel settare la bici e scegliere tutti i componenti annotando tutti gli spostamenti della posizione. Anquetil, oltre che uno dei più belli da vedere, non trascurava nulla nel setting bici. Merckx addirittura si fece costruire da Colnago un tubo reggisella che gli permettesse di modificare l’arretramento della sella in gara.
La vera svolta arrivò con Bernard Hinault, lui porto le prime “ventate” di biomeccanica vera. Nel suo libro del 1989 (che lessi a dodici anni) si parlava di leve e fisica e quindi della relazione tra i segmenti antropometrici e il mezzo meccanico, lui insieme all’azienda francese Look nel 1984 studiò il primo pedale a sgancio rapido il PP65. Questo sistema proveniva dallo sci e Bernard gettò le basi e l’interesse ad una scienza che tanto margine aveva a disposizione. Greg Lemond inconsapevolmente fa da gancio tra due ere che segneranno l’evoluzione del ciclismo tecnico e scientifico.
Nel 1985 approda al team francese di Hinault la “La Vie Claire” per aiutarlo a conquistare il quinto Tour de France ed entrare nella storia dei più grandi. In quella esperienza il suo bagaglio tecnico cresce grazie a tutto quello che il suo capitano e l’azienda oltralpe avevano studiato per anni. La fortuna dell’americano non finisce qui, l’anno dopo nel 1986 un ingegnere medico tedesco, Ulrich Schoberer contatta Greg per presentare un nuovo strumento di misura in bici, questa innovazione riusciva finalmente a misurare il carico esterno della prestazione a differenza dei precedenti strumenti che misuravano il carico interno attraverso la frequenza cardiaca. Arriva il primo power meter e Lemond è il primo atleta di alto livello ad usufruirne, si chiama SRM e il resto è storia.
L’ingresso del power meter cambia tutto, i concetti di fisiologia e fisica adesso hanno un riscontro oggettivo e questo cambierà tutto il mondo della metodologia e della biomeccanica applicata. Con il passare del tempo, neanche troppo, queste materie saranno sempre più vicine.
Il benessere del ciclista si avvale di una scienza polifunzionale come la biomeccanica ed essa si avvale dell’analisi del comportamento delle strutture fisiologiche sottoposte a forze.
La biomeccanica si basa sulle misurazioni di forze applicate e questo anello di giunzione abbatte quel sottile confine col mondo della metodologia della performance, anch’essa nutrita dall’indispensabile bisogno di dati analitici.