L’uguaglianza tra donne e uomini nel mondo dello sport è una lunga corsa a ostacoli

di Silvia Console

Ne hanno parlato in molti nei giorni scorsi: il caso di Lara Lugli, giocatrice di pallavolo che tramite Facebook ha denunciato la squadra per la quale giocava “per non averle pagato lo stipendio”  e “averla citata per danni”  dopo che la giocatrice ha comunicato al club di essere rimasta incinta.

Casi come questo purtroppo non sono isolati e tanta indignazione mediatica deve servirci da spunto per una riflessione: le donne vinceranno mai la gara per la parità nello sport?

Nella fattispecie non ci riferiamo alla possibilità di giocare 5 set anziché 3 o completare in una gara di ciclismo lo stesso numero di giri previsti per gli uomini.

Il nocciolo della questione è cosa fare, quali strategie mettere in campo per ottenere TUTTI gli stessi diritti, nella vita come nello sport (che poi, altro non è che lo specchio della società).

Ci riferiamo al fatto che, prendendo ad esempio uno sport “ricco” come il tennis, cifre alla mano, a parità di tornei disputati, oltre il 70% dei tennisti maschi nella top 100 ha guadagnato più delle donne dello stesso livello di ranking. E a denunciare ciò è Serena Williams, un’atleta che ha scritto la storia di questo sport.

La stessa Williams che ha alzato la voce quando la giocatrice francese Alizé Cornet, venne ammonita durante L’US OPEN perché si era tolta la maglia ( che aveva messo al contrario) restando in top a a bordo campo.

Chiaramente la regola vale per tutti, ma allora che dire dei colleghi Nadal o Djokovic e dei loro pettorali in bella mostra?

Queste non sono che le punte degli iceberg dell’ignoranza e della discriminazione di genere che purtroppo ancora oggi persistono, nonostante siamo ormai abituati a vedere donne al potere, come Christine Lagarde (Presidente Bce) o Kamala Harris (Vice presidente Stati Uniti).

Questa discriminazione si manifesta nel persistere degli stereotipi, nella difficoltà di conciliare lavoro / sport e vita familiare, nel problema del reinserimento nel mondo del lavoro e, come se non bastasse nella copertura mediatica inadeguata dello sport femminile.

Non solo in termini di numeri di articoli sui giornali o di ore di sport femminili trasmessi in tv (sembrerà assurdo ma in Finlandia il 13% delle trasmissioni di notizie sportive è dedicato allo sport femminile e questo è il risultato dell’azione del difensore civico per la parità!) ma anche per l’inadeguatezza con la quale per anni è stata trasmessa l’immagine della donna sportiva spesso associata al concetto di bellezza prima ancora che al talento.

Da questo punto di vista i passi in avanti ci sono stati, più dettati da ragioni commerciali in realtà; è un fatto conclamato che l’incremento della platea di consumatori, anzi, consumatrici ha deviato l’interesse degli sponsor sul cosiddetto “gentil sesso” che ha ormai raggiunto più del 50% della popolazione sportiva.

Quindi, se da una parte le donne nello sport hanno raggiunto la parità numerica, dal punto di vista della governance adesso finalmente iniziamo a vedere qualche successo.

Sono infatti recenti le nomine di Antonella Granata, prima donna eletta a capo di una Federazione Sportiva (Federazione Italiana Squash); di Valentina Vezzali come nuovo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Sport, e per restare in Sicilia di Agnese Gagliano nel direttivo CONI del quadriennio olimpico 2021- 2024.

Vedere le donne in posti chiave in qualsiasi campo può servire da esempio per le giovani generazioni, in particolare nello sport, dove la discriminazione è particolarmente presente. Inoltre, quando è necessario prendere decisioni, è sempre utile vedere le cose da angolazioni diverse, soprattutto perché una partecipazione equilibrata di uomini e donne al processo decisionale rende più facile soddisfare le aspettative dei gruppi per i quali le decisioni devono essere prese.

Per concludere vi segnaliamo un libro particolarmente attuale: “Campionesse ribelli: Trenta storie di sport per ragazze intrepide di Sandro Bocchio e Giovanni Tosco.