Disabilità, sport e inclusione: parliamo del Baskin

di Silvia Console

Nelle settimane scorse avevamo già parlato di sport e disabilità raccontando la bellissima storia di Giorgia Greco, una giovane ginnasta che nonostante abbia perduto una gamba a causa di un tumore, non ha rinunciato alla sua passione per la danza e anzi, proprio grazie ad essa ha realizzato il suo sogno: esibirsi con la nazionale italiana di ginnastica artistica.

Per affermare che lo sport e l’attività agonistica migliori il benessere psicofisico dell’individuo non è necessario scomodare studi scientifici. A sostegno di questa tesi, pensando alle persone con disabilità fisica e leggendo alcune biografie di campioni disabili, ci rendiamo conto che l’attività agonistica ha ricadute sulla sfera fisica (migliorando le competenze corporee) quando su quella psicologica con effetti positivi sull’autonomia personale.

L’atleta disabile, grazie allo sport, può ampliare la sua rete sociale, sentirsi parte di un team e scoprire il proprio talento, rafforzando la propria autostima.

Di questo ne abbiamo parlato con Roberta Cascio, vice Presidente del comitato paralimpico della regione Sicilia e delegata regionale della Fisdir 

” Partiamo dal presupposto che lo sport fa bene in generale e che tutti dovrebbero praticarlo; per quanto riguarda le persone con disabilità fisiche, sensoriale, intellettive sensoriali, lo sport è il mezzo attraverso il quale queste persone possono rientrare a pieno titolo nella società e riescono a essere incluse diventando soggetti attivi. Lo sport ha il merito di far emergere tutte le capacità nascoste in ognuno di noi, riesce a far superare i limiti anche fisici; si abbattono non solo le barriere architettoniche ma anche mentali. Le paralimpiadi sono un veicolo eccezionale per far conoscere la realtà di tutte le persone disabili.

Tutti siamo uguali nella nostra diversità e le diversità arricchisce tutti. Questo è il messaggio che si sta portando avanti anche nelle scuole“.

Negli ultimi anni il settore paralimpico è diventato una realtà anche mediatica; dalle Olimpiadi di Rio del 2016 siamo abituati a vedere gli atleti disabili come celebrità, anche al di fuori del contesto sportivo. Campionesse come Bebe Vio sono diventate testimonial commerciali e di campagne di sensibilizzazione come  quella per la vaccinazione contro la meningite.

Questo successo mediatico si deve al lavoro svolto dal CIP ( Comitato Italiano Paralimpico) che dal 1960 porta avanti una mission: “promuove, disciplinare e gestire le attività sportive agonistiche ed amatoriali per persone disabili sul territorio nazionale, secondo criteri volti ad assicurare il diritto di partecipazione all’attività sportiva in condizioni di uguaglianza e pari opportunità”

Ad oggi, il CIP riconosce circa cinquanta entità sportive, tra federazioni paralimpiche, discipline paralimpiche, enti di promozione paralimpica ed associazioni benemerite paralimpiche, di cui circa trenta riconosciute anche dal CONI.

Fra queste, ci siamo interessati al Baskin ( dall’unione delle parole “ basket “ e “inclusione”), una disciplina nata a Cremona nel 2003. È ispirata al basket, ma con altre regole (dieci) che permettono a giovani normodotati e giovani disabili di giocare nella stessa squadra (composta sia da ragazzi che da ragazze). Ogni giocatore, con qualsiasi tipo di disabilità fisica o mentale, svolge un contributo attivo. Si gioca sei contro sei e ogni atleta ha un ruolo che viene attribuito in base al possesso delle grandi prassie: l’uso delle mani, il cammino, la corsa, l’equilibrio.

I ruoli sono 5 comprendono sia il soggetto con ottime capacità motorie (ruolo 5) , sia un soggetto con alcune difficoltà motorie che comunque gli consentono di correre lungo il campo fermando il palleggio, di gestire i passaggi e il tiro, per esempio può avere una menomazione fisica o la sindrome di down ( ruolo 3). La regola fondamentale è che i giocatori appartenenti ad un ruolo possono marcare solo quelli di ruolo pari o superiore. Inoltre i ruoli 5 uomini non possono stoppare i ruoli 5 donne.

Ci piace il baskin perché attraverso questo gioco si vive  l’inclusione più totale; alla fine il punteggio è il risultato del gioco di squadra in cui ognuno fa la sua parte secondo le proprie possibilità. Sport e disabilità: il baskin, uno sport con disabili, non per disabili.

Per capire meglio le dinamiche di gioco vi consigliamo di vedere il video di presentazione sul sito ufficiale Baskin Cremona