Sarah Voss: sfida le convenzioni della ginnastica e indossa il Body integrale

di Silvia Console

Agli Europei di ginnastica a Basilea, ha fatto notizia la decisione di Sarah Voss e di altre sua compagne della rappresentativa tedesca di non indossare il convenzionale body sgambato e di optare invece per una versione integrale fino alle caviglie.

La decisione delle atlete, appoggiata dalla federazione alemanna, pone l’attenzione sulla sessualizzazione dello sport e sul disagio che molte ginnaste provano nell’eseguire degli esercizi in cui il body potrebbe mostrare più del dovuto. Come nel caso, Elisabeth Seitz , compagna di squadra della Voss, che porta avanti una battaglia dura da affrontare: quella legata alle sue foto che circolano sul web.

“Cerco frequentemente le mie foto cercando di eliminarle, ci sono alcuni scatti che non mi piacciono affatto perché ritraggono il mio inguine ma è difficile scovarle e eliminarle definitivamente dal web”.

Nel corso della conferenza stampa post gara, la Voss ha dichiarato “Come atlete della squadra nazionale tedesca di ginnastica, siamo anche un modello per molte atlete più giovani e vorremmo mostrare loro come possono gareggiare senza sentirsi a disagio con determinati indumenti”.

Libertà di scelta e libertà di poter gareggiare senza sentirsi a disagio: è questo ciò che chiedono queste atlete; e se ci pensiamo bene, in una disciplina come la ginnastica il “cosa” decido indossare non dovrebbe avere nessuna rilevanza, dato che non è una disciplina in cui l’attrezzatura/abbigliamento può dare qualche tipo di vantaggio.

È utile ricordare che il regolamento internazionale della disciplina prevede l’utilizzo della “ tuta”;  ma alcuni membri della Dutch Gymnastics, l’associazione tedesca per la ginnastica artistica hanno dichiarato all’emittente giornalistica NOS che in molte competizioni si sono registrati casi in cui i giudici hanno sottratto punti quando l’atleta aveva scelto la versione intergrale al posto del body convenzionale.

Quindi il problema ritorna, ancora una volta sulla discriminazione di genere e sul modello sociale al quale siamo abituati. Ma non è solo un problema di disagio per quello che indossi e anche il modo in cui ti guardano; la “ protesta” di Sarah Voss è servita anche per riaccendere i riflettori sullo scandalo degli abusi sessuali cha hanno coinvolto la nazionale americana e pluricampionessa mondiale Simone Biles, vittima come altre compagne, del medico sportivo Larry Nassar, che adesso è in carcere.

Fare sport dovrebbe significare vivere il proprio corpo in libertà, al di là di ciò che decidi o non decidi di indossare.