Federica Pellegrini: 5 Olimpiadi per raccontare la storia (Part. 2)

di Silvia Console

Il valore di un campione può essere misurato secondo varie scale di giudizio, una di queste è la medaglia olimpica.

Ci sono campioni che pur avendo vinto mondiali e altre gare non sono riusciti a salire sul podio olimpico che è considerato all’unisono il coronamento di una carriera e ci sono anche atleti che hanno vinto la medaglia olimpica in modo abbastanza fortuito. A tale proposito, rimase per me emblematica la vittoria di Steven Bradbury, alle Olimpiadi Invernali di Salt Lake City del 2002

medaglia olimpica

Infine, ci sono campioni che incidono il proprio nome in modo indelebile nella storia delle Olimpiadi per avere centrato l’obiettivo quadriennio dopo quadriennio, dimostrando di essere così i più forti di sempre. Michael Phelps, Usain Bolt e Simon Bales (per restare in epoca moderna) sono “leggende sportive”, considerate tali sia per il numero di medaglie vinte e sia per la “ longevità sportiva”. Proprio in virtù di questa caratteristica siamo qui oggi ad osannare la “ Divina Fede”.

Avevamo iniziato il racconto partendo da Atene 2004, passando da Pechino 2008 e ora è la volta di Londra 2012 le Olimpiadi della sostenibilità e dell’inclusione.

“Nessuno spreco”, la parola d’ordine del Comitato Organizzatore nel realizzare gli impianti e le strutture che hanno ospitato Londra 2012. Il rispetto dell’ambiente è stato uno degli obiettivi primari, a partire dalla scelta non casuale del luogo dove è stato creato l’Olympic Park. La zona industriale e degradata di Stratford, nella parte est della capitale britannica, è stata completamente trasformata, fino a divenire una delle zone più verdi della città.

Qual’è l’effetto più negativo della disabilità se non il sentirsi “esclusi”? Ebbene, l’effetto più positivo di Londra 2012 è stato dimostrare la grandezza degli atleti paralimpici.

Sia chiaro, le paralimpiadi si svolgono da più di cinquanta anni, ma Londra 2012 ha segnato una svolta. Come dichiarato dal Presidente del Comitato italiano paralimpico (Cip) Luca Pancalli

 “Londra ha ispirato una generazione, insegnandoci che tutto è possibile; ha rappresentato l’anno zero per il paralimpismo mondiale, il punto dal quale non si può tornare indietro se vogliamo continuare a coltivare l’idea di uno sport che sia uno e uno solo. Londra, in quell’occasione, ha ispirato una generazione e ci ha insegnato che tutto è possibile e che lo sport va vissuto in una maniera sola, quella cioè, di chi lo ama incondizionatamente e a tutti i livelli”.

Sono le medaglie di Alex Zanardi (due ori nelle gare individuali più l’argento in staffetta) che ci hanno fatto piangere e che ci insegnano che le uniche barriere che ci impediscono di realizzare i nostri sogni sono quelle mentali.

medaglia olimpica

Al contrario, ritornando alla nostra “Divina Fede”, a volte capita che l’eroe debba cadere per rialzarti più forte di prima.

Nelle gare che erano state il palcoscenico del suo trionfo, Federica Pellegrini delude. Delude soprattutto sé stessa. Ecco cosa scrisse nel suo account di instagram:

“ Eh già non è arrivata!! Fa così male questo momento che non potrei descriverlo!! Non è un dolore di uno che accetta quello che è successo, anzi è un dolore di una che sa cos’ha fatto quest’anno…la determinazione che ci ha messo…il mazzo che si è fatta.. I pianti per i dolori e per la fatica…lo svegliarsi la mattina e dopo 7 ore di sonno sentirsi come se ti avessero appena preso a pugni quanta è ancora la stanchezza…si ho 28 anni….bla bla bla….ma ci credevo…ho combattuto con tutto quello che avevo e purtroppo ho perso…forse è tempo di cambiare vita …forse no….certo è che un male così forte poche volte l’ho sentito….colpa di nessuno anzi… abbiamo dato tutti il massimo quest’anno ma purtroppo in questo sport si vince di centesimi e si perde di centesimi…e oggi qualcuno ci ha presentato un conto troppo salato da accettare…”

Niente medaglia olimpica; qualcuno già parlava di ritiro ma Federica Pellegrini ha una fenice tatuata sul collo, simbolo di rinascita e cambiamento. E così dopo quattro anni, insignita dell’onore di portare la bandiera italiana, la nostra Fede entra nello stadio Maracanã  per guidare la delegazione dei Giochi di Rio 2016.

Le Olimpiadi di Rio sono caratterizzate da due problematiche: il virus Zika e l’inquinamento.

Il virus Zika che viene trasmesso dalle zanzare, è considerato una curiosità biologica ed è asintomatico nell’80% dei casi; a pochi mesi dall’inizio delle Olimpiadi sale alla ribalta della attenzione internazionale per le sue potenziali complicanze di natura teratogena (microcefalia) e neurologica (sindrome post-infettiva di Guillain-Barré). Ma soprattutto, pone l’attenzione sul problema delle periferie delle grandi città brasiliane dove, centinaia di migliaia di persone vivono in condizioni igieniche precarie e dove le zanzare del genere Aedes trovano il loro habitat replicativo ideale.

A questo, si aggiunge l’altro grande problema che minaccia lo svolgimento dei Giochi, ovvero l’inquinamento.

Velisti, nuotatori e canottieri che gareggiano in mare o nelle lagune sono stati invitati alla vigilia ad assumere il vaccino contro l’epatite A. All’assegnazione della sede Rio de Janeiro aveva promesso che avrebbe ridotto dell’80% il drammatico inquinamento del suo mare interno, ma secondo le stesse dichiarazioni ufficiali il miglioramento delle acque non avrebbe superato il 10%.

Una cosa che certamente ricordiamo tutti è il colore dell’acqua delle piscine che venne attribuito a un errore umano e che secondo il Comitato organizzatore, non era pericoloso per salute degli atleti.

Non fu un’ Olimpiade stellare (a parte il solito ricco bottino della scherma e del tiro); ricordo le medaglie di Tania Cagnotto con il suo meraviglioso costume con la piuma di pavone e la medaglia d’oro nei 1500 di Gregorio Paltrinieri.

E poi, ancora una volta tutti aspettavano Lei, la Divina Fede. Purtroppo però, come spesso accade, è il peso delle aspettative degli altri che ci può far cadere in fallo. Federica non centra i risultati sperati: ottiene un quarto posto nella finale dei 200 stile e successivamente deciderà di non disputare le batterie dei 100 stile.

 

Ma, come abbiamo detto all’inizio, la medaglia olimpica è un parametro di misura e non il valore assoluto della grandezza di un campione. Ed è così che dopo la débâcle brasialiana Federica Pellegrini torna in vasca. Ai campionati mondiali di Budapest, Federica vince l’oro nella finale dei 200 stile diventando così la prima nuotatrice della storia in grado di salire sul podio iridato per 7 volte consecutive. Due anni più tardi, a Gwangju, Federica Pellegrini difende il titolo mondiale vinto a Budapest e vince nuovamente la medaglia d’oro nella finale dei 200sl.

Nel 2021 si guadagna la quinta finale  per la  medaglia olimpica, presentandosi ai blocchi di partenza con un palmares stellare:

11 record del mondo (6 nei 200m stile libero in vasca lunga, 3 nei 400m stile libero in vasca lunga, 2 nei 200m stile libero in vasca corta)

1 oro e un argento olimpico

11 medaglie mondiali di cui 6 ori e 15 medaglie europee di cui 7 ori.

È proprio vero, come lei nessuno mai!