Lo sport esclude la Russia dai Mondiali di calcio e dalle competizioni di tutte le altre discipline. Durissima la linea del CIO che mette uno stop agli eventi sportivi e vieta che gli inni vengano suonati in eventi internazionali.
Dal comunicato che ha diffuso poche ore fa, il CIO
“esorta tutte le federazioni sportive internazionali a trasferire o cancellare i loro eventi sportivi attualmente pianificati in Russia o Bielorussia. Dovrebbero tenere conto della violazione della Tregua olimpica da parte dei governi russo e bielorusso e dare priorità assoluta alla sicurezza e alla protezione degli atleti. Lo stesso CIO non ha in programma eventi in Russia o Bielorussia“.
Quando mancano appena tre giorni alla cerimonia d’apertura dei Giochi Paralimpici Invernali, l’ICP si trova a dover decidere se applicare a livello paralimpico, quanto già avvenuto a livello olimpico.
Ma è giusto escludere gli atleti russi da ogni competizione?
A livello politico e diplomatico, sembrerebbe la cosa più giusta da fare. Difatti “mentre gli atleti russi e bielorussi possono continuare a partecipare ad eventi sportivi, molti atleti ucraini non possono farlo, a causa dell’attacco attualmente in corso nel loro Paese.
La decisione, in effetti, ha un precedente storico: basti pensare al 1992, anno in cui la Jugoslavia fu esclusa dagli Europei di calcio. Nel 1991 la Croazia dichiarava l’indipendenza, staccandosi dalla Repubblica Federale di Jugoslavia. Tale episodio portò a una lunga serie di stragi e violenze, mentre a Barcellona fervevano i preparativi per le Olimpiadi. Il CIO decretò l’esclusione della Jugoslavia dai Giochi.
La guerra però non coinvolge solo gli ambiti politici e diplomatici, ma entra a gamba tesa nella vita delle persone. Escludere gli atleti russi dalle competizioni, vuol dire colpire di riflesso i giovani di tutto il Pianeta, allontanandoli dai campi da gioco. Tutto ciò poi è particolarmente ingiusto, quando viene determinato da scelte altrui.
Chi meglio degli sportivi, può essere d’aiuto a tenere insieme le nazioni ed essere veicolo di pace, anche questa sembra difficile da ottenere e irraggiungibile. Un abbraccio fra un russo e un ucraino sul podio delle olimpiadi, non mette fine alla guerra, ma è un no alla guerra. Per i potenti che in queste ore decidono sulle sorti del nostro Pianeta, l’esclusione è una sanzione che colpisce la Russia in modo solo marginale. Per gli atleti è una vera e propria scure che si abbatte sui sacrifici finora fatti per raggiungere gli obiettivi fissati nel perseguimento delle proprie passioni. Va contro quello che lo sport da sempre ci insegna.
Alla fine non ci saranno vincitori e vinti. In guerra perdono tutti.