Sicurezza stradale, si fermi la mattanza dei ciclisti. Servono provvedimenti urgenti

di Valentino Sucato

Una lunga scia di sangue. Il ciclismo continua a piangere le sue morti innocenti in un paese che in questi ultimi anni ha investito poco in sicurezza (non solo nello sport) e risulta essere il fanalino di coda dei paesi più sviluppati del nostro continente lontanissimi dagli standard olandesi, belgi, danesi, inglesi, francesi. L’ultimo caso la morte di un 50enne acquadolcese a Sant’Agata di Militello. L’ultima di una lunga serie. Una strage annunciata, prevedibile. Tante le cause. “Purtroppo – spiega Raffaele Scarantino, ciclista amatoriale- sono sempre più frequenti gli incidenti che coinvolgono gli utenti deboli della strada, pedoni e ciclisti che per natura sono più lenti degli altri veicoli e da automobilisti, motociclisti, camionisti,  considerati degli odiosi ostacoli. Se oltre all’odio aggiungiamo la distrazione dei guidatori, sempre più spesso con lo sguardo rivolto ai telefonini o tablet piuttosto che alla strada, tali incidenti, molto spesso, troppo spesso, mortali difficilmente potranno essere arginati. Oltre ad una campagna di sensibilizzazione attraverso i principali media occorre inculcare la corretta educazione stradale fin dalle scuole elementari, l’educazione civica il saper convivere civilmente nella società nel rispetto delle regole e dei più deboli, nella condivisione delle strade, deve diventare per tutti un concetto acquisito, un valore sociale”.

L’incidente di pochi giorni fa nel quale ha perso la vita Federico Latteri

Gli fa eco Leonardo Tortomasi, sino a pochi mesi fa ciclista professionista: “Ritengo che la sicurezza stradale – spiega il ciclista di Partinico – sia una delle questioni più discusse ma anche irrisolte del ciclismo. La scarsa informazione o comunque la pessima attitudine degli automobilisti o di chiunque circoli per le strade rappresentano un pericolo costante. Non è ben chiaro nell’ opinione pubblica che comunque il ciclismo è uno sport che viene fatto su strada. Uomini, donne, ragazzini e bambini che circolano su un mezzo a due ruote sono in una condizione di deficit rispetto a chi guida un’ auto o addirittura un mezzo pesante come camion o autobus. Non si può rischiare la vita per una passeggiata o un’ uscita tra amici. La mancanza di informazione è una cause oltre alla scarsa segnaletica o la mancanza di appositi corsi-lezione di formazione e prevenzione nelle scuole-guida. Credo che questo sia anche uno dei motivi che spinge tantissimi genitori ad allontanare i propri figli dal ciclismo o comunque a non invogliarli. Nessuno vorrebbe fare circolare il proprio figlio in un ambiente pericoloso”.

Negli anni passati incidenti mortali hanno suscitato sgomento e hanno attenzionato il problema anche a livello politico e legislativo. Pensiamo all’incidente nel quale ha perso la vita Michele Scarponi durante un allenamento. Passato il dolore poco di concreto si è fatto anche e soprattutto a livello politico e legislativo.