Una lunga scia di sangue. Il ciclismo continua a piangere le sue morti innocenti in un paese che in questi ultimi anni ha investito poco in sicurezza (non solo nello sport) e risulta essere il fanalino di coda dei paesi più sviluppati del nostro continente lontanissimi dagli standard olandesi, belgi, danesi, inglesi, francesi. L’ultimo caso la morte di un 50enne acquadolcese a Sant’Agata di Militello. L’ultima di una lunga serie. Una strage annunciata, prevedibile. Tante le cause. “Purtroppo – spiega Raffaele Scarantino, ciclista amatoriale- sono sempre più frequenti gli incidenti che coinvolgono gli utenti deboli della strada, pedoni e ciclisti che per natura sono più lenti degli altri veicoli e da automobilisti, motociclisti, camionisti, considerati degli odiosi ostacoli. Se oltre all’odio aggiungiamo la distrazione dei guidatori, sempre più spesso con lo sguardo rivolto ai telefonini o tablet piuttosto che alla strada, tali incidenti, molto spesso, troppo spesso, mortali difficilmente potranno essere arginati. Oltre ad una campagna di sensibilizzazione attraverso i principali media occorre inculcare la corretta educazione stradale fin dalle scuole elementari, l’educazione civica il saper convivere civilmente nella società nel rispetto delle regole e dei più deboli, nella condivisione delle strade, deve diventare per tutti un concetto acquisito, un valore sociale”.
Gli fa eco Leonardo Tortomasi, sino a pochi mesi fa ciclista professionista: “Ritengo che la sicurezza stradale – spiega il ciclista di Partinico – sia una delle questioni più discusse ma anche irrisolte del ciclismo. La scarsa informazione o comunque la pessima attitudine degli automobilisti o di chiunque circoli per le strade rappresentano un pericolo costante. Non è ben chiaro nell’ opinione pubblica che comunque il ciclismo è uno sport che viene fatto su strada. Uomini, donne, ragazzini e bambini che circolano su un mezzo a due ruote sono in una condizione di deficit rispetto a chi guida un’ auto o addirittura un mezzo pesante come camion o autobus. Non si può rischiare la vita per una passeggiata o un’ uscita tra amici. La mancanza di informazione è una cause oltre alla scarsa segnaletica o la mancanza di appositi corsi-lezione di formazione e prevenzione nelle scuole-guida. Credo che questo sia anche uno dei motivi che spinge tantissimi genitori ad allontanare i propri figli dal ciclismo o comunque a non invogliarli. Nessuno vorrebbe fare circolare il proprio figlio in un ambiente pericoloso”.
Negli anni passati incidenti mortali hanno suscitato sgomento e hanno attenzionato il problema anche a livello politico e legislativo. Pensiamo all’incidente nel quale ha perso la vita Michele Scarponi durante un allenamento. Passato il dolore poco di concreto si è fatto anche e soprattutto a livello politico e legislativo.