Ciclismo, l’evoluzione della bici da crono negli ultimi 40 anni

di Alessandro Mansueto

Oggi si è corsa la prima tappa della 106° edizione Giro d’Italia, una storia lunga oltre cento anni, che ha visto passare tutti i grandi campioni del ciclismo, una storia scritta col sudore e tanta passione, ma non solo.

Nelle prove a cronometro come quelle di oggi possiamo vedere l’evoluzione dei mezzi meccanici e delle posizioni che questi formidabili atleti assumono alla ricerca della migliora performance. A mia memoria il punto di svolta arriva con Moser, bici a ruote differenziate e dislivello sella-manubrio da brividi. Erano i periodi dove il valore CX (coefficiente di resistenza aerodinamica) era la parola d’ordine, atleti sacrificati in una posizione poco naturale ma redditizia (per quei tempi).

Nel decennio successivo arriva il cambiamento e quando arriva lo fa senza pietà. Correva l’anno 1989 e nell’ultima tappa del Tour de France, Greg Lemond si presentò con uno strano manubrio aggiunto alle “corna di bue”. Il risultato è impietoso nei confronti del leader Fignon che dovette cedere la maglia gialla proprio all’ultima tappa per 59 secondi.

Quelle appendici aprirono una nuova era. Inizialmente alte, anche per la poca scelta di mercato, nel tempo iniziano ad abbassarsi sempre di più, da Indurain ad Armstrong è evidente come l’appoggio scende sempre verso la ruota anteriore. Il minimo storico lo toccheremo nel decennio 2010-2020 circa, erano i periodi del nostro campione Ivan Basso e della locomotiva di Berna Fabian Cancellara, lo svizzero mostrava grande feeling con il mezzo e con la posizione estrema, ma tale “assetto” non era per tutti.Quelle posizioni per molti atleti erano un calvario, angoli estremi portavano le braccia e l’inclinazione del tronco a limitare l’estensione toracica, si accentuava anche la lordosi cervicale a causa della proiezione della testa verso il basso che per esigenze di guida era costretta ad iperlordosi scomodissime. Le posizioni di quel periodo  avevano in comune due coni di penetrazione, le mani e braccia all’altezza del manubrio basso e la testa con le spalle che creava un secondo cono di penetrazione.

La svolta arriva con l’era Ganna che anche a questo giro come per Lemond, prende spunto dal settore Triathlon. Le appendici si alzano notevolmente, il punto d’appoggio gomito, rispetto all’era precedente, si alza di venti o anche trenta centimetri e altrettanto fa l’impugnatura delle mani che praticamente arriva fino al viso dell’atleta. I risultato è ottimo, busto più alto, torace meno costretto e un solo cono di penetrazione, in quanto braccia mani e testa rimangono in una sola superfice d’impatto frontale.

A pensarci bene e rivedendo le foto mi sembra che le nuove posizioni si avvicinino molto alla prima versione delle appendici utilizzate da Greg Lemond ma si sa, le mode vanno e vengono, ma in questo caso è una moda comoda e performante secondo le più moderne indicazioni biomeccaniche che trovano il proprio fondamento proprio sul concetto di sostenibilità e performance.