Spalti vuoti in Arabia per la Supercoppa Italiana, il gioco vale la candela?

di Pietro Minardi

E’ partito il nuovo format della Supercoppa Italiana. Una delle principali competizioni calcistiche del Bel Paese ha cambiato volto a partire dal 2024. Non più una finale secca, bensì un mini torneo in cui si affrontano quattro squadre. A partecipare nell’edizione di quest’anno vi sono Napoli, Fiorentina, Lazio e Inter. E proprio la squadra partenopea ha staccato ieri sera (18 gennaio) il biglietto per la finale, battendo la Fiorentina con il punteggio di 3-0 grazie ai gol di Simeone e Zerbin (per il prodotto del vivaio azzurro è arrivata addirittura una doppietta in pochi minuti). Ma se i tifosi napoletani potranno certamente sorridere per il risultato acquisito, a far rattristare il cuore di tutto i supporters italiani sono le tristi immagini delle spoglie tribune dello stadio di Riyad.

Supercoppa italiana, l’accordo faraonico della Lega Serie A

Come è noto, da qualche tempo la Lega Serie A ha deciso di esternalizzare le partite di Supercoppa, portandole nella ricchissima Arabia Saudita. Il primo stadio italiano è a migliaia di chilometri di distanza, ma il principale torneo dello Stivale si gioca nel Sud-Ovest asiatico. Il perchè è presto detto. I soldi. “Pecunia non olet” esclamavano i latini. Un concetto che la Lega Serie A ha sostenuto alla lettera, portando a casa un accordo decisamente succulento: 23 milioni di euro pagati dal paese ospitante. Di questi, 6,8 andranno direttamente all’assemblea dei club italiani, 1,6 milioni a testa alle semifinalista perdenti, 5 milioni alla finalista perdente ed 8 milioni a chi vince il torneo. Risorse che rappresentano una piccola boccata d’ossigeno per i bilanci delle società italiane, soprattutto a quelle che hanno conti più tendenti al rosso che al verde.

La brutta immagine delle tribune di Riyad, la rabbia dei tifosi

Va detto però che le spoglie tribune dello stadio di Riyad hanno fatto discutere il popolo del pallone italiano. I tifosi, ovvero la base su cui poggia il tavolo del calcio, non hanno mancato di rappresentare il proprio disappunto per quanto visto in Arabia. Critiche che si sono rincorse sulle colonne di diversi muri social e sulle principali emittenti nazionali. Fatto che non sorprende visto che il principale motto delle curve italiane è “il calcio è della gente”. Ma la palla rotonda italiana è da tempo rotolata verso altri lidi, quasi a ricopiare le scelte della Liga spagnola, campionato dal quale il Bel Paese sembra aver ricopiato non solo il cosiddetto “calendario spezzatino”, con partite giocate ad orari obiettivamente impossibili, ma anche il trasferimento in terra straniera di alcune competizioni. Basti pensare che i club spagnoli non solo hanno giocato in Arabia, ma anche in Messico.

Il gioco vale la candela?

Una scelta che paga? Sicuramente in termini economici, ma non di brand. Basti pensare che Germania ed Inghilterra, paesi in cui lo sport più famoso al mondo vive in un periodo di benessere finanziario evidenti e di stadi che si mantengono sempre pieni, continuano a giocare le competizioni alla “vecchia maniera”. Un old style che non tramonta mai, non smette di avere fascino e che garantisce anche ai piccoli club il sogno di giocare con i dream team nelle partite di Coppa di Lega. Anzi, qualche squadra di periferia come il Saarbruecken si permette quest’anno di eliminare perfino la corazzata Bayern Monaco.

Tornare a giocare la Supercoppa in Italia. Come fare?

Alla luce di ciò, non sarebbe meglio pensare di tornare a giocare la Supercoppa in Italia? Organizzata in un certo modo, anche con partite ed edizioni itineranti, la competizione garantirebbe sicuramente stadi pieni. Un elemento non da poco. Pur essendo vero che gli incassi delle partite non sono nemmeno lontanamente paragonabili ai soldi arabi, le ricadute in termini di fidelizzazione e di brand sarebbero evidenti. Il calcio, d’altro canto, viene ritenuto dagli esperti un business “emotional vertical”, ovvero un ambito economico nel quale a determinare l’attrattiva del prodotto è l’attaccamento emotivo del cliente allo stesso. Per ripetere quanto detto prima: il calcio della gente. E un prodotto con una clientela folta e fidelizzata, si vende anche meglio all’estero. Un modo per aumentare gli introiti da diritti TV mantenendo la propria anima di sport popolare. Un’idea che si è persa e alla quale, prima o poi, si dovrà ritornare se si vuole mantenere alta l’attenzione su questo meraviglioso sport. Altrimenti, immagini come quelle delle tribune di Riyad potrebbero diventare la quotidianità, anche negli stadi del nostro paese.