L’ultima marcia di Schwazer: “Correre davanti ai miei figli è la vittoria più grande”
di RedazioneAtletica leggera20 Luglio 2024 - 15:20
All’età di 39 anni, e dopo aver scontato una squalifica di 8 anni per doping, Alex Schwazer dà il suo addio all’atletica. Il campione olimpico di Pechino 2008, vincitore dell’oro nella 50 chilometri di marcia, mette fine alla sua carriera agonistica al termine della corsa organizzata proprio per i saluti finali. “Qalex 20k”, questo il titolo dell’evento andato in scena ad Arco di Trento, che però il marciatore non è riuscito a portare a termine per forti dolori alla schiena. Il suo obiettivo però era principalmente di chiudere correndo per una volta davanti alla sua famiglia, moglie e due figli piccoli, dopo che i primi di luglio era scaduta la lunga squalifica inflittagli per essere risultato positivo ad un controllo nel 2016.
La vittoria più grande
“È stato emozionante tornare in gara dopo 8 anni. Farlo di fronte ai miei figli Ida e Noah, mia moglie Kathi, la mia famiglia, gli amici e ai tanti tifosi ha reso tutto ancora più speciale. È la prima volta che i miei bambini mi hanno visto gareggiare e questa, per me, è la vittoria più grande, l’unica che conta! Ho marciato 14 di quei 20 kilometri per loro ma poi il dolore dovuto ad una sciatalgia è stato troppo grande e ho dovuto fermarmi. È stata la festa più bella perché mi avete dimostrato che non camminerò mai da solo!”. Questo è il post pubblicato sul proprio profilo Instagram da Alex Schwazer, all’indomani dell’evento che lo ha visto protagonista.
Delusione olimpica
Con queste emozioni così forti perciò si chiude la carriera di Alex Schwazer, che fino all’ultimo aveva sperato di poter prendere parte alle Olimpiadi di Parigi, cercando la qualificazione. Ciò non è stato possibile, dal momento che la sua richiesta di uno sconto della squalifica è stata rigettata dal Tribunale arbitrale per lo Sport di Losanna. L’atleta, che già nel 2012 era stato squalificato per doping, comunque si è sempre detto innocente, sulla scorta di una sentenza del Tribunale di Bolzano, secondo cui ci sarebbero state delle manipolazioni sul campione di urine risultato positivo.