Il dibattito sesso e sport in ambito ciclistico
di Annamaria MangiacasaleAttualità06 Febbraio 2022 - 09:26
Da sempre si dibatte sulla questione se sesso e sport possano andare d’accordo. In tempi ormai lontani il sesso, nell’ambito ciclistico in particolare, è stato considerato un grande tabù. Nel 1891 il giornalista/scrittore Louis Baudry de Saunier nel suo trattato Ciclismo teorico e pratico, raccomandava ai corridori di non frequentare assolutamente le donne, sottolineando giustamente come Don Giovanni non fosse uno sportivo. Di certo, così come l’equazione donne e motori, il rapporto fra il gentil sesso e la bicicletta sembra essere stata una costante dell’immaginario maschile.
Sebbene la storia linguistica della bicicletta sia stata declinata sempre al femminile (ruota, catena, sella, volata, ..), in realtà il mondo a due ruote è stato sempre dominato da una componente maschile ed è solo negli ultimi decenni che il ciclismo femminile è in forte crescita.
L’ingegnere inglese J. K. Starley con l’introduzione nel 1885 della Rover Safety, la prima bicicletta a trasmissione posteriore, rese il pedalare un’attività accessibile a tutti.
Così se le prime bici con grandi ruote di ferro e difficili da guidare, non avevano destato l’interesse del pubblico femminile, i nuovi destrieri cromati offrivano nuove possibilità. Il successo fu subito però stroncato dall’emergere di un dettaglio scabroso, dai forti risvolti erotici: il sellino. Non meno grave il problema dell’abbigliamento: l’outfit da bici avrebbe rivoluzionato non solo la moda, ma anche l’immagine sociale e l’idea stessa di femminilità della donna. Di fronte a un fenomeno sociale di così ampie dimensioni e ampiamente dibattuto, anche i medici sentirono la necessità di esprimere la propria opinione, arrivando alla formulazione delle più svariate e fantasiose ipotesi. La pressione esercitata dal sellino avrebbe portato alla sterilità. Così, da un lato, al diffondersi del ciclismo femminile fu imputata la diminuzione del tasso di natalità; dall’altro il successo del mezzo a due ruote riscosso nel pubblico femminile fu spiegato come un modo per nascondere pratiche illecite di autoerotismo.
Non solo però bisognava tenere le donne lontane dalla bicicletta, ma anche dai ciclisti. Considerate alla stregua di Eva nel Paradiso Terrestre, erano ritenute terribilmente insidiose per i corridori, soprattutto durante la stagione delle corse. Giuseppe Ambrosini, storico direttore della Gazzetta dello Sport nel 1950, asseriva che l’astinenza sessuale fosse uno dei pilastri fondamentali dello sport della bicicletta.
Se scorriamo però le cronache di ciclismo del Novecento, possiamo cogliere una certa insofferenza da parte dei ciclisti nei confronti delle prescrizioni di medici, allenatori e direttori sportivi.
Siamo al Giro di Lombardia del 1958. La sera prima della gara Nino Defilippis, trascorre una notte d’amore con un’amica, dopo cena. Il giorno dopo tutta l’Italia lo vede andare in fuga sulla salita del Ghisallo, battendo i più grandi campioni del momento e dimostrando che per vincere le grandi sfide, non servono pari astinenze.
Non fu da meno Michele Dancelli che preparò la sua Milano Sanremo del 1969, dividendosi fra allenamenti su strada e incontri d’amore con una ballerina, celebre per i suoi spogliarelli nei locali di Sanremo. Dancelli fu protagonista quell’anno di una corsa d’attacco rimasta memorabile.
Potremmo pensare che Defilippis e Dancelli siano state delle eccezioni nella storia dello sport delle due ruote, ma basta addentrarsi appena fuori dalle piste, sotto le gradinate, durante gli intervalli di gara, per venire a conoscenza di incontri galanti e traffici erotici, con la complicità di massaggiatori e custodi. Resta celebre la Sei Giorni di Parigi del 1952, più che per le vittorie, per i risvolti piccanti. Poco prima della sfida pomeridiana contro l’avversario australiano Patterson, il massaggiatore Giannetto, aveva bussato alla porta dello spogliatoio di Fausto Coppi, sorprendendolo a letto con Giulia Occhini (la famosa Dama Bianca). Nel ricordargli quanto l’avversario fosse temibile, in quanto un vero e proprio specialista della pista, la risposta del Campionissimo fu che avrebbe potuto tranquillamente fare l’amore per tutto il giorno, tanta era la distanza che lo separava da quell’avversario. Naturalmente aveva vinto lui.
In tempi moderni un perfetto connubio tra eros e bike ci viene offerto dal Bike Smut Festival. Nel 2014 contava già 7 edizioni e consiste in una raccolta di film erotici realizzati dai ciclisti di tutto il mondo, per spingere il lato sexy del ciclismo fino all’estremo. Fra le tappe italiane toccate dal tour, anche Palermo e Catania nel 2014.
Dopo più di 60 anni di dibattiti non siamo ancora in grado di dire se l’attività sessuale prima di una gara possa migliorare o peggiorare la performance; di certo bisogna tener conto di numerosi fattori. A livello biomeccanico la pedalata comporta un interessamento del quadricipite non indifferente. Se la sera prima della gara volete fare bella figura, tenete a mente che le riserve di glicogeno muscolare, hanno un tempo di recupero totale di 48 ore; ma è pur vero che le gare si vincono anche col cuore e con la mente.
Anche le emozioni possono influenzare la nostra resa, talvolta migliorando la motivazione e mitigando il senso di fatica; talaltra un carico emotivo eccessivo, potrebbe ridimensionare la visione della competizione sulla base del nuovo evento intervenuto. Per rendere il concetto più comprensibile, una situazione di coppia stabile sarebbe preferibile a un incontro occasionale, almeno dal punto di vista della performance sportiva.
In ogni caso, dimenticate la bicicletta “casta” cantata da Gianni Brera, la tentazione si alza sui pedali e talvolta sale anche sul podio!(Cit.)
Letture: Sex and the bici – W. Bernardi
"La bicicletta è come una donna" Serse Coppi "Troppo magra per i miei gusti" Gino Bartali