Parigi Brest Parigi,quando il viaggio conta più della meta

di Redazione

Nata come gara agonistica nel 1891, ed organizzata dal quotidiano “Auto-Vélo“, la Parigi Brest Parigi copre una distanza di 1200 km e 10.000 mt di dislivello, tra la Francia e Bretagna, partendo da Parigi fino a Brest e ritorno. Diventata  manifestazione cicloturistica nel 1951, ogni quattro anni richiama quasi 10.000 appassionati di cicloturismo da tutto il mondo, prendendosi lo scettro di regina delle Randonnée. Non una gara, (tranne per chi non ha capito lo spirito della manifestazione), ma un viaggio attraverso la storia di uno tra i territori più belli del mondo, accompagnati dalla magia dei paesaggi e della solitudine interiore che si apre intimamente in un dialogo con la natura che circonda il ciclista. “Arrivato sul famoso ponte di Brest – ci racconta Dario Curasì la vista dell’oceano mi diede un senso di libertà e serenità che non so descrivere. Malgrado la stanchezza e i dolori mi sentivo in pace con me stesso”. Una manifestazione cicloturistica molto dura e impegnativa, che viene vissuta in modo appassionato anche dagli abitanti dei luoghi, che conosco lo sforzo che devono fare i partecipanti per completare entro le 90 ore previste i 1200 km di asfalto e sanpietrini. “Dappertutto ai bordi della strada – continua Diario – c’era gente che ci incitava, ci offriva da bere e da mangiare. Era qualcosa di indescrivibile. Vedere i bambini mettersi in posizione per farsi battere il cinque al nostro passaggio, è un’emozione unica, sembrava di essere al Tour de France”.

Per gli abitanti dei centri in cui passa la carovana è una festa, e si prodigano per offrire tutto il loro aiuto qualora ce ne fosse bisogno. “A Pontivy, mentre iniziava a far buio, ci fermiamo in un B&B per riposare. Non c’era nulla nella zona per cenare e la proprietaria, gentilissima, si offri di accompagnarci in macchina per comprare qualcosa”. La PBP è soprattutto una sfida con se stessi nella quale bisogna raschiare i fondo del barile delle proprie energie, fisiche e mentali, dove la parola Resilienza prende forma e si materializza in tutto il suo significato. Viaggiare di notte, riposando il minimo indispensabile per tornare subito a pedalare contro il tempo e contro gli imprevisti. “Alle 2:30 del mattino suonò la sveglia – prosegue nel suo racconto Dario Curasì. “Avevamo dormito 3 ore, ma in compenso la signora del B&B si era offerta di farci la colazione malgrado fosse notte fonda. Il mio piede sinistro era messo male e  dovevo ancora percorrere 460km. Presi un antidolorifico e ripartii lentamente. Malgrado l’antidolorifico non riuscivo a spingere col piede sinistro, allora facevo forza col destro e usavo il sinistro solo per completare la pedalata”.

La magia della biciletta nella PBP esplode in tutta la sua essenza. Tanti chilometri fanno assaporare il piacere unico della fatica che si compensa con la gioia del “viaggio”, che non ha una meta fisica o territoriale. La Parigi Brest Parigi unisce tutti in unico linguaggio, abbatte barriere e confini seppur si pedali con le maglie che riportano i colori della bandiera della propria nazione.”Mi sono ritrovato a pedalare e a darmi il cambio con silenziosi Giapponesi e chiacchieroni Americani – ci racconta Fabio Monasteri.

 L’ultimo centinaio di Km l’ho fatto in compagnia di un Indiano, Sameer, conosciuto sbagliando strada, l’ho aiutato a ritrovare la giusta traccia, mi ha preso come il suo salvatore, non voleva più lasciarmi seppur abbia incrociato un suo amico. Ogni qual volta mi sentivo affaticato mi echeggiavano nella mente le parole dei miei familiari “Forza Papi non mollare- Amore ti aspettiamo” Arrivati a Parigi, dopo aver completato i 1200 chilometri, stanchi ma felici, ci siamo messi la medaglia con un gran sorriso, alchimie di questa magia chiamata Parigi/Brest/Parigi”. C’è anche chi si è dovuto arrendere nonostante fosse fisicamente allenato e abituato alle lunghe distanze. Perché la PBP è proprio dura e mette il fisico veramente a dura prova. Ma comunque lascia sempre qualcosa di unico anche a chi la vive a metà. “Per me che non ho concluso la prova a causa di imprevisti fisici è stata un’esperienza dura e frustrante – ci spiega un rammaricato Vincenzo Infantino.” Non ho potuto godere pienamente di tutte le belle persone e dell’atmosfera gioiosa dell’evento se non attraverso il successo dei miei compagni di avventura. È una Randonnée durissima. Le difficoltà maggiori sono dovute al poco tempo a disposizione per dormire e recuperare. A questo si aggiunge le difficoltà del tracciato fatto di continui saliscendi. Dimentichi tutto quando tagli il traguardo. Se non lo tagli ricordi molto più le sofferenze e le difficoltà incontrate. Rimarranno con me le immagini della gente, dei bambini a bordo strada. Le tante persone incontrate arrivate da tutto il mondo per questa impossibile impresa”.